
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 5 Mag 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
Affrontare le sfide attuali della funzione HR a 360 gradi, grazie a strumenti metodologici per attrarre, scegliere e trattenere in azienda i migliori talenti.
I piani strategici di medio termine devono essere oggetto di un accurato assessment ex post per individuare i gap di implementazione e ri-orientare la postura strategica ove necessario
Promuovere e formalizzare piani strategici di medio-lungo termine è un’attività caratteristica delle istituzioni pubbliche. Quando il vertice politico muta, di frequente a cambiare è anche la strategia. Il vero problema, però, è come tradurre in pratica i principi di fondo che ne caratterizzano l’orientamento: molto spesso visioni di ampio respiro si scontrano con una difficoltà concreta a gestire il cambiamento e l’innovazione. Al posto delle strategie deliberate dai decisori, finiscono così per prevalere strategie implicite (formalmente) non intenzionali, frutto delle traiettorie storicamente in essere e delle competenze esistenti, che si discostano anche significativamente dall’impostazione dichiarata.
In questo scenario, un assessment conclusivo del grado di implementazione di un piano strategico formalizzato ex ante può fornire indicazioni preziose per ridurre la creazione di gap significativi tra deliberato e agito e creare buone pratiche a cui ispirarsi per evitare di commettere gli stessi errori nel futuro più prossimo. Questa la ragione che ha indotto nel 2016 l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Milano ad affidare a un team di professionisti esterni una valutazione del piano strategico comunale di welfare (Piano di Zona) varato nel 2012 e valido per il periodo 2012-2015.
I numeri del caso
Azienda: Comune di Milano
Residenti: 1.351.000 (2014)
Residenti in povertà relativa: 263.000 (2014, stima)
Residenti anziani con necessità di cure a lungo termine: 50.000 (2014, stima)
Spesa annua in servizi sociali: € 240 milioni
Dipendenti della Direzione Politiche sociali: ca. 1.000
Quota di servizi esternalizzati a Enti Gestori dall’area Politiche Sociali: 95%
Il Piano di Zona del 2012 doveva rappresentare un momento di discontinuità rispetto al passato, in conseguenza del cambio di fronte politico al vertice dell’amministrazione comunale avvenuto l’anno precedente. L’obiettivo di fondo era quello di garantire un servizio più equo e inclusivo, superando la tradizionale frammentazione (di attori, di risorse, di servizi) che aveva caratterizzato il settore. L’intervento doveva dispiegarsi lungo tre direttrici principali, poi articolate in 23 azioni operative:
Al Piano si associava una riorganizzazione complessiva della Direzione Politiche Sociali: il precedente approccio centrato sulle diverse tipologie di utenti dei servizi (anziani, disabili, minori, adulti con difficoltà) veniva sostituito da una prospettiva a matrice articolata in tre piattaforme di intervento, a differente intensità assistenziale (residenzialità, domiciliarità, emergenze e gravi emarginazioni) e coordinate da un servizio di presa in carico e committenza (territorialità), incentrato su assistenti sociali nel ruolo di case manager. La nuova impostazione avrebbe consentito di ridurre la dispersione di informazioni e procedure, evitando che uno stesso utente beneficiasse simultaneamente di più tipologie di servizi non integrati tra loro.
L’assessment del Piano condotto dopo quattro anni, nel 2016, evidenziava come il nuovo impianto organizzativo avesse raccolto il favore tanto degli stakeholder esterni quanto del personale. Inoltre, l’introduzione del piano era avvenuta in tempi abbastanza rapidi: il periodo di incertezza seguito al cambiamento era stimabile in 8-9 mesi.
Se il consenso era forte a livello di vision di fondo, emergevano tuttavia dei limiti sul versante operativo: in particolare, si segnalavano l’investimento molto limitato in programmi di formazione interna, la mancanza di un ripensamento coerente delle procedure di lavoro alla base, l’assenza di obiettivi quantitativi da raggiungere e quindi la difficoltà dei servizi informativi a diffondere sistematicamente dati nella struttura, utili in una prospettiva di programmazione e controllo. Anche i meccanismi di selezione del middle management all’interno della Direzione Politiche Sociali apparivano non sufficientemente strutturati. Ne era così uscito indebolito il ruolo di quel corpo intermedio che avrebbe dovuto fungere da raccordo tra top management e nucleo operativo.
In alcuni specifici ambiti, erano emersi con chiarezza rilevanti gap di implementazione. Un caso significativo è, ad esempio, relativo alla creazione di un nuovo sistema di alloggi per persone in emergenza abitativa con un livello light di assistenza sociale (cosiddetta Residenzialità Sociale Temporanea - RST): l’obiettivo iniziale dell’Assessorato voleva essere quello di coinvolgere alcuni dei maggiori provider del settore; al contrario, il modo in cui era stato formulato il bando di appalto (per esempio, standard organizzativi e contrattuali, traiettorie di investimento, manutenzione straordinaria) aveva indotto i principale provider a non prendere parte alla gara, dal momento che gli standard contrattuali erano stati ritenuti insufficienti. Al bando avevano finito per partecipare solo piccoli operatori, in antitesi con i desiderata del Comune.
Nel complesso, si può stimare che circa il 60 per cento delle iniziative strategiche previste nel piano del 2012 siano state formalmente adottate – mentre il livello di implementazione effettivo percepito dagli stakeholder non supera il 30 per cento. Dunque, sebbene abbiano funzionato il commitment all’innovazione espresso sia a livello politico sia manageriale e il generale consenso dell’organizzazione attorno all’impostazione del piano, sono emerse nitidamente alcune possibili cause dei gap generati nel periodo di tempo analizzato:
Tutti questi spunti rappresentano materiale su cui riflettere per il futuro. Il nuovo successo elettorale nelle elezioni comunali del 2016 del medesimo schieramento politico del mandato precedente ha infatti confermato la scelta di fondo nell’impostazione delle politiche sociali. Il secondo mandato aveva quindi la possibilità di concentrarsi sul superamento dei gap di implementazione, alla luce della nuova consapevolezza emersa grazie all’assessment.