Cantieri di ricerca

Sostenibilità nella supply chain: il ruolo del procurement nel governo e nello sviluppo dei fornitori

Le domande

Ragionando in un’ottica di risk management, non essere sostenibili precluderà sempre di più l’accesso a risorse e opportunità (accesso ai mercati globali, al credito, a premi assicurativi a condizioni privilegiate, al recruitment di risorse umane qualificate e motivate, a gare e appalti pubblici o privati, a filiere di fornitura certificate). 

 

Per comprendere a fondo in cosa consista il profilo di sostenibilità ESG aziendale, è importante distinguere tra le varie tipologie di emissioni. 

 

  • Scope 1: emissioni dirette da utilizzo di combustibili fossili (per riscaldamento, carburanti per veicoli aziendali, perdite di gas da impianti di condizionamento). 
  • Scope 2: emissioni indirette per generazione di elettricità, calore e vapore consumati dall’azienda. Sono di competenza dell’utilizzatore anche se generate dal fornitore. 
  • Scope 3: emissioni indirette da fonti non direttamente sotto il controllo aziendale ma le cui emissioni sono indirettamente dovute all’attività dell’impresa. 

 

Il parco fornitori e l’intera supply chain rappresentano il contesto dove confermare le scelte sostenibili già implementate all’interno della azienda e dove sviluppare e sostenere approcci che tutelino le persone e la comunità, l’ambiente e la governance, nel rispetto di tutti gli stakeholder. 

 

È il procurement che ha la responsabilità di valutare le caratteristiche del fornitore, con particolare attenzione agli elementi di rischio che potrebbero minare il rapporto di fornitura, sia in fase di selezione di nuovi partner, sia di gestione di quelli attuali. Il procurement impiega diversi approcci sia per misurare la sostenibilità ESG aziendale, sia per orientare i comportamenti dei propri fornitori, introducendo anche concetti di «premialità» rispetto a caratteristiche e a prestazioni considerate in passato ancillari rispetto alle classiche condizioni di costo, qualità e servizio. 

 

La presente ricerca si pone l’obiettivo di raccogliere e analizzare le prassi di gestione della sostenibilità lungo la supply chain, con focus sui programmi di contenimento delle emissioni in Scope 3. In particolare il nostro studio cerca di rispondere alle seguenti domande. 

  

  1. Quali approcci vengono impiegati per misurare la sostenibilità dei fornitori? 
  1. Quali sono i principali aspetti considerati nelle misure di sostenibilità? 
  1. Quali sono i meccanismi di controllo (certificazioni e audit)? 
  1. Qual è la posizione dell’azienda in merito alla Corporate Sustainability Due Diligence (CSDD)? 
  1. Quali azioni attive possono supportare il miglioramento delle performance dei fornitori in tema di sostenibilità? 
  1. Quali categorie di fornitura sono interessate dallo Scope 3? 
  1. Quali sono gli obiettivi e le azioni di miglioramento relative allo Scope 3? 
  1. Quali sono i modelli di calcolo delle emissioni GHG? 

 

L’obiettivo della ricerca, sfidante dal punto di vista delle attività aziendali, è capire quali attività di monitoraggio e gestione della sostenibilità le aziende stanno introducendo lungo le filiere di fornitura e quali sono le prassi di gestione degli obiettivi di riduzione di emissioni Scope 3. Gli approcci individuati sono condivisi sia in logica di posizionamento lungo le determinanti di scelta caratteristiche, sia con interventi diretti da parte dei CPO Member del Procurement Lab. 

Lavoro sul campo

Abbiamo condotto questo progetto con il nostro team di ricerca attraverso un’analisi della letteratura e grazie alla collaborazione con le aziende del Procurement Lab che si sono rese disponibili a essere intervistate in una logica multi-company e multi-industry.  

 

Partendo dalle motivazioni ed estensione di qualifica e valutazione ESG abbiamo individuato due approcci: reattivo e strategico. 

 

  • Nell’approccio reattivo, la motivazione essenziale è rispondere alle pressioni dei fornitori, dei clienti o di altri stakeholder.  
  • Nell’approccio strategico, è l’azienda stessa che cambia per una necessità corporate su alcune tematiche (come la transizione energetica o ecologica) e adotta un posizionamento preciso.  

 

Se entrambi gli approcci possono essere vincenti, all’aumentare della complessità e necessità di cambiamento è l’impostazione strategica a diventare la più consona. 

 

Per la qualifica/valutazione dei fornitori in ottica ESG sono stati individuati quattro quadranti dati dall’incrocio tra approccio specifico di settore o approccio generalista.  

 

Abbiamo poi indagato il ruolo del procurement all’interno della strategia ESG aziendale, configurandolo come «problem solver», in caso di coinvolgimento limitato o come «strategic player» in caso di partecipazione attiva alla definizione della strategia, del piano, degli obiettivi e target specifici di sostenibilità.  

 

Siamo quindi passati ad analizzare i meccanismi di audit, individuando un approccio prevalentemente documentale e un approccio prevalentemente sul campo (alla verifica documentale segue un presidio sul campo per verificare l’allineamento rispetto a quanto dichiarato dal fornitore su base formale). Focalizzandoci poi su come vengono utilizzate le informazioni raccolte tramite i meccanismi di audit, abbiamo individuato due approcci: «best in class» e di sviluppo.  

Guardando avanti

La ricerca recepisce un trend di cambiamento della funzione procurement sia in termini di strumenti, con l’utilizzo di piattaforme condivise che permettono il raggiungimento di necessarie economie di scala; sia in termini di ruolo, elevando il procurement a «strategic player». In questo ultimo caso il procurement è coinvolto direttamente nella progettazione e attuazione di una strategia ESG: sviluppa nuove competenze interne, raccoglie dati primari utili al calcolo delle emissioni Scope 3, interagisce maggiormente con le altre funzioni aziendali, sostituisce materiali e ottimizza flussi logistici, implementa iniziative finalizzate alla sensibilizzazione e al coinvolgimento dei fornitori sulla rilevanza delle emissioni. 

 

Delle aziende del panel, una su due utilizza, oltre a dati statistici e medie standard, dati primari che il procurement ha raccolto interfacciandosi con i fornitori di beni e servizi. Avere dati puntuali è molto importante perché permette di fissare dei target più realistici e raggiungibili. 

 

Dalla nostra analisi emerge un certo ritardo delle aziende nella definizione degli obiettivi Scope 3, che per molti settori rappresenta la maggior parte delle emissioni, e anche dell’approvazione dei target basati su obiettivi scientifici. 

 

Nel prossimo futuro il presidio delle tematiche ESG richiederà al procurement di assumere un ruolo sempre più centrale, diventando leader di un progetto di cambiamento integrato alle politiche aziendali. Questo implica lo sviluppo di competenze manageriali di sostenibilità. Inoltre, poiché in questo momento la sostenibilità è un fortissimo attrattore di talenti, portare questi temi sotto il cappello del procurement in maniera responsabile diventa molto attrattivo verso le nuove generazioni.  

 

Per alcune realtà c’è infine la consapevolezza che dovrebbe emergere un impegno ancora maggiore nell’implementazione di una chiara timeline di riduzione delle emissioni. 

SHARE SU