Il Meglio del Piccolo

Benvenuti al sud!

Lo strano caso dei Lombardi che producono biciclette in provincia di Trapani, collaborano con tedeschi e francesi e le vendono in 32 paesi al mondo

Era Gennaio. Stava per iniziare il mio corso per imprenditori in SDA Bocconi. Prima di accogliere i partecipanti in aula, sono solita contattarli telefonicamente per conoscerli in anticipo e comprendere, caso per caso, i loro fabbisogni formativi.  Di norma do un’occhiata al sito dell’impresa che sto chiamando tanto per iniziare a farmi un’idea. Così ho fatto prima di chiamare Emilio Lombardo, titolare della Cicli Lombardo S.p.A., insieme al papà Gaspare (il fondatore) e ai due fratelli maggiori, Giuseppe e Francesco  Questa è la prima foto che mi è apparsa on line.

 

 

 

 

Capirete perché, cadendo nel trappolone di uno stereotipo degno solo di “Benvenuti al Sud”, mi aspettavo che il signor Lombardo, dato il settore, fosse lombardo anche di origine, al limite veneto, non certo siciliano. Per ciò, quando mi ha risposto al telefono con un marcato accento siculo, ho pensato di primo acchito ad un errore. E invece no…Qualche settimana dopo Emilio inizia il corso e in aula, di fronte agli altri colleghi imprenditori, dichiara il suo sogno: diventare entro il 2023 il più grande produttore italiano di biciclette. Passano un paio di mesi e purtroppo, a fine febbraio, il corso viene interrotto per via dell’emergenza sanitaria. Lombardo ricompare inaspettatamente alla mia attenzione la scorsa settimana, intervistato in prima serata in un servizio sul TG 5, perché le biciclette sono diventate di colpo le protagoniste della mobilità sostenibile della Fase 3 dopo il periodo della grande clausura. Giornali e telegiornali raccontano di una nuova stagione delle due ruote, con le file fuori dai negozi e le liste d’attesa per accaparrarsi l’ultimo modello fruendo anche del “bonus” governativo. Ho deciso però di raccontarvi il caso di questa azienda siciliana non solo per una questione di attualità dato che molti di noi stanno tornando “in sella” e il settore, specialmente in Italia, sta vivendo un periodo quasi euforico ma, soprattutto, per poter affermare, contro ogni stereotipo, che nulla è impossibile per una piccola impresa ben gestita.

Come fare ad essere credibili producendo biciclette quando, da perfetti sconosciuti, si parte da Buseto Palizzolo, paesino di 2.800 abitanti in provincia di Trapani, con una rete viaria che rende difficile raggiungere Palermo e quasi irraggiungibili Catania e Ragusa? Come fare a pensare anche solo vagamente di competere da lì con gli illustri marchi nordici del ciclismo italiano o con le mega aziende americane del settore? Come si fa a diventare, nel passaggio dalla prima alla seconda generazione, una azienda da venti milioni di euro in grado di dare lavoro ad una ottantina di persone, di cui dieci in Germania?

 

Provo a spiegarvelo in una serie di passaggi ma vi anticipo che l’abilità alla base di tutto, quella che distingue chi può fare l’imprenditore da chi è meglio che faccia altro, è il vecchio e insuperato “trucco” di saper trasformare un limite in una opportunità. Essere sperduti nel territorio collinare ad est di Trapani, a meno di decidere di passare la vita a lamentarsi per tutto quello che manca e che rischia di non esserci in futuro, impone di avere questa capacità che si deve manifestare in decisioni aziendali nette, spesso controcorrente.

 

La prima è di spingere sull’integrazione verticale ovvero tenere all’interno dell’azienda tutta una serie di fasi di produzione (per esempio la verniciatura o l’assemblaggio) che in contesti fortemente industrializzati sarebbero certamente esternalizzate se non addirittura delocalizzate (scelte molto popolari in questo settore dove il made in China o in Taiwan è andato negli ultimi venti anni per la maggiore). Qui l’esatto contrario. Prossimità, vicinanza, interno e non esterno. Le conseguenze di questa scelta sono di grande impatto sui risultati gestionali: il controllo sul processo e quindi sulla qualità è maggiore, come pure la flessibilità e la possibilità di personalizzare la gamma sulla base delle esigenze varie e variegate dei clienti di tutto il mondo, attributo su cui la direzione commerciale ha costruito gran parte del suo successo aziendale. Avere tutto in “casa” consente inoltre interventi tempestivi e aumenta la velocità, requisito indispensabile per essere puntuali nelle consegne e quindi affidabili, pur partendo da un paesino nell’entroterra siciliano.

 

La seconda è costruire collaborazioni apparentemente “impossibili”, anche a suon di empatia meridionale, per uscire dall’isolamento e creare credibilità per l’azienda. La domanda ricorrente, quella che Emilio Lombardo, vera anima commerciale dell’azienda, si sentiva pronunciare durante le sue prime partecipazioni alle fiere di settore internazionali era: “Ma quando mai arriveranno queste biciclette dalla Sicilia?”. La risposta, già nel 2007, fu quella di creare una filiale commerciale in Germania con un socio tedesco (di minoranza), per poter avere un ponte in Europa Centrale e da lì lavorare con i paesi del nord che, ben prima del Covid-19, si erano orientati verso una mobilità a due ruote (per darvi qualche dato in Italia solo il 4% della popolazione si sposta in bici contro il 20-30% di paesi come l’Olanda, Danimarca e Svezia). La mossa di avere un piede nel mercato tedesco, porterà poi a capire in anticipo, certe dinamiche di consumo. Nel 2011 i Lombardo decidono di scommettere sulla produzione di bici elettriche. Allora, dato il prezzo medio di 2000 euro a bici, apparivano per il mercato italiano un azzardo ma loro ci credettero e decisero di proporle non più solo come mezzo di locomozione per persone anziane ma come soluzione per un pubblico e per un uso molto più ampio. Tale scelta porterà Lombardo Bikes ad essere la prima azienda italiana a siglare una partnership di fornitura con il gigante tedesco Bosch acquisendo una credibilità di marchio e una reputazione prima inimmaginabili per la piccola impresa sicula. Poiché colosso porta colosso, nel 2020 inizia, tra le altre, anche una importante collaborazione con Decathlon che sceglie Lombardo per la produzione di una bicicletta elettrica di fascia alta con volumi che la direzione aziendale tiene rigorosamente calmierati per evitare di diventare inutilmente grandi, gregari dei francesi solo per un effetto traino.

 

 

 

 

La terza pista è stata quella di usare il territorio e la bellezza di una zona ancora poco antropizzata per rendere attrattiva l'impresa a tutto campo. Nel 2017, la famiglia Lombardo ha ultimato un sito produttivo in cui si è voluto riproporre il modello “casa e putia”, con le abitazioni dei titolari all’interno dei cancelli che delimitano i confini dell’azienda, costruito con la cura e l’attenzione di chi sta realizzando la dimora della propria vita. Non mancano l’asilo per i figli dei dipendenti, una palestra per le maestranze ed un museo della bicicletta. La funzionalità del luogo di lavoro è stata intelligentemente utilizzata come elemento di richiamo per attrarre e trattenere i dipendenti nella zona. L’essere basati in Sicilia è sempre più spesso usato come elemento incentivante anche per ospitare agenti e i clienti che possono testare le biciclette Lombardo attraversando paesaggi stupendi e trascorrendo pure qualche giorno di vacanza sull’isola che male non fa. 

L’esercizio da fare è sempre quello di partire da ciò che si è o da ciò che si ha, valorizzandolo al massimo, senza sprecare nemmeno un minuto a lagnarsi per quello che manca 

L’atteggiamento da cui prendere spunto, valido ovviamente non solo per chi fa biciclette, è proprio questa capacità di conversione del negativo in positivo. 

L’esercizio da fare è sempre quello di partire da ciò che si è o da ciò che si ha valorizzandolo al massimo, credendoci, senza sprecare nemmeno un minuto, mi ripeto, lagnandosi per quello che manca o restando in attesa di condizioni che difficilmente si realizzeranno anche in futuro.

Credo che, con questa visione Emilio Lombardo, avendo anche i numeri di uno che mastica le due ruote da quando era bambino e la tenacia di chi è riuscito a laurearsi in Economia tra i 28 e i 32 anni lavorando e studiando ed essendo già padre di famiglia, abbia buone probabilità di compiere il suo sogno, ovvero diventare la prima azienda per numero di biciclette prodotte in Italia. In un settore caratterizzato da molte operazioni di acquisizione di prestigiosi marchi italiani (come Colnago, Pinarello, Bianchi e Atala) da parte di gruppi o fondi internazionali, spero lo faccia restando fedele all’idea originaria. Gli auguro di crescere senza oltrepassare il limite, rimanendo “piccolo” (anche raddoppiando l’attuale produzione che è di circa 70.000 pezzi all’anno continuerebbe ad essere una formichina rispetto ai giganti internazionali da 3 milioni di bici). Non dovrebbe a mio avviso, anche per proseguire le riflessioni che vi abbiamo proposto nelle puntate precedenti, superare quel confine dimensionale che non permetterebbe più a lui, a suo padre e a suoi fratelli di incidere tempestivamente con le proprie scelte sulla gestione aziendale. Dovrebbe preservare un requisito prezioso, fondamentale per competere da Buseto Palizzolo nel mondo: la libertà e la velocità di prendere decisioni che le imprese elefantiache presenti sul mercato non possono permettersi. Dovrebbe mantenere quella notoria agilità che nel ciclismo consente lo scatto finale per arrivare al podio.

 

 

 

 

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