
- Data inizio
- Durata
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- 5 mag 2025
- 6 giorni
- Class
- Italiano
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Il nostro presente industriale può essere compreso solo a partire dal nostro passato agricolo
Nel lanciare questo blog, la scorsa settimana, vi avevo promesso uno spazio di confronto con i “signori” della piccola impresa, persone che, da prospettive differenti, conoscono a fondo il mondo delle PMI. Il primo di loro, non a caso, è lo storico ed economista Giulio Sapelli, che ha dedicato molti anni della sua lunga carriera a queste imprese. Ci sentiamo all’indomani del suo matrimonio (felicitazioni Professore!!) e generosamente mi concede il suo tempo. Gli pongo una domanda di base che potrebbe incuriosire anche un bambino: perché in Italia ci sono così tante piccole imprese? (gli ultimi dati disponibili parlano di 5 milioni e 48 mila tra imprenditori e lavoratori autonomi mettendo l’Italia al primo posto in Europa per numerosità di PMI e del 65,7% di occupati in imprese sotto i 50 dipendenti con uno stacco di 16 punti percentuali sopra la media europea). Da dove viene questo capitalismo “bonsai”?
Sapelli è un fiume in piena capace di spaziare attraverso diverse discipline, luoghi e tempi, citando a raffica Alfred Marshall, Aleksandr Cajanov e Edith Pensose, per lui autori di riferimento della teoria dell'impresa del XX secolo.
Parecchie a suo dire sono le concause che spiegano in chiave storica, culturale e non solo economica, il proliferare del capitalismo dei piccoli. Me le elenca a partire, paradossalmente, dalla crescita della grande impresa. Si perché è la grande impresa che, per abbassare i suoi costi di produzione e di coordinamento, si rivolge (anche temporaneamente) a fornitori di prodotti intermedi o di fasi del processo. Ma non è solo la presenza della grande impresa a spiegare il fenomeno. Dal Medio Evo in avanti, passando attraverso il monachesimo e la cultura rinascimentale, si sono distinte in Italia aree territoriali con addensamenti di piccole imprese specializzate in produzioni di retaggio artigianale. Da quelle concentrazioni dove le imprese si scambiano risorse materiali e fisiche abbassando le diseconomie esterne nascono i famosi distretti industriali. Per capire a fondo questo fenomeno, dice Sapelli, “per comprendere il presente industriale” occorre analizzare attentamente il “passato agrario” e le spinte migratorie della società italiana. Nelle aree in cui era diffuso il latifondo la piccola impresa non si sviluppa; essa prolifera nelle regioni come la Toscana, le Marche e l’Umbria caratterizzate dalla mezzadria. E’ proprio il mezzadro che, in virtù del patto colonico con il proprietario del fondo, dividendo con quest’ultimo i prodotti agricoli e gli utili, sviluppa una mentalità e una capacità imprenditoriale. In parallelo si assiste al ritorno nei paesi d’origine del nord (Veneto in particolare) degli emigranti che, forti di denaro e competenze acquisite in città estere più evolute, avviano iniziative imprenditoriali. Inoltre, con una certa regolarità, tra l’ottocento e il novecento, molti operai, spesso dopo il licenziamento da grandi imprese, intraprendono avventure imprenditoriali fondate sulle loro competenze tecniche, supportati in questo percorso da istituti di credito locale. “La piccola impresa” - continua il Professore – “raggiunge livelli incredibili di crescita dopo la Seconda Guerra Mondiale quando lentamente e silenziosamente si compie in Italia quella grande rivoluzione data dall’incremento del reddito. Questo aumento amplia i consumi e rende il consumatore più raffinato ed esigente al punto da non essere più soddisfatto dai soli prodotti della grande impresa”.
C'è un futuro immenso per la piccola impresa
Insomma il modello originale di sviluppo economico italiano non è improvvisato, ha una storia importante che affonda le sue radici nel passato agricolo del nostro Paese. Ma il futuro?
Non riesco a fare a meno di chiedere a Sapelli che cosa immagina per le imprese di minori dimensioni nei prossimi anni. La sua risposta è netta: “Vedo un futuro immenso se verranno sfruttate in pieno le leve legate all’ICT, al digitale e a quella che viene chiamata volgarmente Manifattura 4.0. Mai come oggi i piccoli potranno fare profitto sfruttando l’improve tecnologico e la globalizzazione.
Gli imprenditori devono continuare a essere creativi ma la creatività è una capacità non una competenza
La ridotta dimensione, se si riesce a cavalcare la rivoluzione tecnologica, cessa di essere un limite. Anzi può diventare un'opportunità. Il vero problema però è un altro. Per riuscire a compiere questa inversione, gli imprenditori devono continuare ad essere creativi e la creatività è una capacità non una competenza. Non la si impara come una qualsiasi metodologia nei corsi di formazione, né tantomeno dai consulenti di direzione. Dovrebbero mettersi a leggere Platone, confrontarsi con gente d’intelletto.”…..
Piccolo è buono se c'è il companatico
…..Sapelli prosegue. “Bisognerebbe tornare al capitale sociale e alla cultura comunitaria da cui tutto è partito. Piccolo non è bello. Piccolo è buono ma solo se ha il companatico, perciò la piccola impresa non deve stare da sola, ha bisogno di essere contornata da persone e istituzioni giuste. C’è bisogno di coesione sociale, di fare rete anche con le grandi imprese”.
Poi si blocca di colpo e mi dice: “Ma questo non è un blog? Quante cose mi vuol far dire….ho già parlato troppo.”
Ascoltate Sapelli, cari imprenditori. Non siete un incidente di percorso, siete il portato di una cultura importante. Non dimenticatelo. Avete potenzialmente tra le mani, thanks to globalization and to the digital’s revolution (come direbbero quelli che le hanno inventate), un futuro importante. Per non farvelo sfuggire apritevi al confronto, non restate tutto il tempo dentro le vostre aziende a gestire sempre e solo il quotidiano.
Mettetevi in discussione, anche facendovi aiutare, se ne sentite la necessità, da formatori e consulenti (sono certa sarebbe d'accordo anche il Prof. Sapelli) purchè siano tra coloro che non vi vedono come portatori di vizi da correggere ma come leader alla guida di imprese - probabilmente migliorabili - che hanno una storia e delle peculiarità da rispettare.