
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 21 mag 2025
- 4,5 giorni
- Class
- Italiano
Sviluppare l’auto-consapevolezza sulle proprie competenze di self-management e di relazione, per il successo nella sfera personale e lavorativa.
Nel 2018 mi è stato chiesto di scrivere un libro sulla mia generazione (i.e. Millennials) e sulla sfida che questa rappresentava per la leadership. Ho subito accettato con entusiasmo perché tante erano state le occasioni in cui mi era imbattuta in discussioni legate a questo cambiamento generazionale che stava scombussolando contesti organizzativi e domestici.
Oggi, a distanza di tre anni, risultano ancora più evidenti i cambiamenti introdotti da questa generazione. Nonostante questo, ancora si avverte una certa resistenza da parte delle generazioni precedenti ad accettare e accogliere questa novità e le sue implicazioni, siano esse positive o negative. Spesso sento ancora ripetere “ai miei tempi non era così”, a volte pronunciato con rabbia, altre volte più simile a un lamento di chi non trova altra alternativa se non quella di arrendersi. È immediato il confronto tra il “noi” e il “loro”, tra il passato e il presente, e spesso la tipica reazione è quella di lasciarsi andare ad una nostalgia del passato, di quando tutto funzionava come dico io. I ricordi così finiscono per trasformarsi in miti e diventano il metro con cui si misura il presente.
Nel libro cito a questo proposito il regista Woody Allen che, nel suo celebre film Midnight in Paris, mette a tema proprio questo genere di tentazione dell’uomo. Il protagonista, Gil, è uno scrittore e sceneggiatore ad Hollywood che una sera decide di fare una passeggiata nelle vie di Parigi quando, allo scoccare della mezzanotte, vede arrivare un’auto d’epoca. La portiera si apre, e qualcuno lo invita a entrare, e ben presto Gil si trova in una bolla spazio-temporale che lo trasporta nella Parigi degli anni Venti. Quella, per lui, ha sempre rappresentato l’età dell’oro, l’epoca in cui ha avrebbe sempre desiderato vivere, perché così diversa dal suo noioso e deludente presente. Lì incontra tutti i suoi miti, come Dalì, Picasso e Hemingway.
Ed è proprio assistendo all’evoluzione del pensiero di Gil rispetto al suo presente, che Woody Allen ci comunica la sua filosofia attraverso un dialogo con uno dei personaggi del film, ovvero che:
La nostalgia è negazione, negazione di un presente infelice. E il nome di questo falso pensiero è: sindrome epoca d’oro, cioè l’idea errata che un diverso periodo storico sia migliore di quello in cui viviamo. […] È un difetto dell’immaginario romantico di certe persone che trovano difficile cavarsela nel presente.
Ogni epoca ha certamente le sue spine e, di conseguenza, il passato non deve rappresentare un insieme di esperienze e di principi da idolatrare.
Deve piuttosto rappresentare una fonte a cui attingere per vivere meglio il presente (anche ricordando che il mondo di ieri è per alcuni versi peggiore di quello di oggi). È opportuno e utile identificare ciò che tuttora ci attrae di quel mondo ormai lontano nel tempo e capire come questo possa aiutarci a interpretare e a migliorare il nostro presente. Il passato, quindi, inteso e vissuto come facilitatore, promotore del divenire, e non come inibitore. È proprio coltivando una passione per il presente, che è possibile scardinare qualunque paura dell’ignoto o nostalgia di ciò che fu.
Alla luce di queste riflessioni, in cosa consiste secondo voi un rinnovato stile di leadership, capace di guidare e ispirare le nuove generazioni?