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La mente va, dove va, chissà

Siamo in macchina, sotto la pioggia, dopo una lunga giornata di lavoro...tutto ad un tratto la nostalgia di spiagge bianche e ombrelloni colorati....ma poi alla fine stasera vengono Silvia e Roberto a cena?...non mi ricordo se ieri ho innaffiato la pianta di limoni...domani devo chiamare per il tagliando della macchina. 

Mille pensieri prendono vita nella nostra mente, apparentemente senza che vi sia un nesso particolare tra loro. Non siamo abituati a dare molto peso a questa dinamica e forse spesso avviene senza che ce ne accorgiamo. Eppure ha un nome: mind-wandering. Il mind-wandering, ovvero il vagabondare della nostra mente, è uno delle capacità tipiche dell’essere umano e riguarda il nostro saper sganciare l'attenzione dalla percezione senza un'intenzione chiaramente definita. Nel linguaggio scientifico viene definita "perceptual decoupling" ovvero disaccoppiamento percettivo.

 

Solitamente questo vagabondaggio della mente si verifica quando svolgiamo attività di routine, come cucinare, guidare l'auto o lavarsi i denti. In sintesi, avviene quando privilegiamo contenuti di coscienza diversi dal momento presente. Se provate a prestarvi attenzione nella vostra quotidianità, scoprirete quanto hanno scoperto ad Harvard, ovvero che trascorriamo circa il 46,9 percento delle ore di veglia pensando a qualcosa di diverso da quello che stiamo facendo. Per rilevare questo comportamento nella vita dei partecipanti a questo studio, due psicologi hanno sviluppato un'app che permettesse di tracciare le attività quotidiane dei singoli partecipanti e di rilevare se stessero pensando all’attività attuale o qualcos’altro.

 

Lo studio ha dimostrato che il mind-wandering è presente durante lo svolgimento di pressoché tutte le attività quotidiane.

"Questo studio mostra che le nostre vite mentali sono pervase, in misura notevole, dal non presente", afferma Killingsworth.

Spesso infatti ci soffermiamo a pensare a eventi accaduti nel passato, che potrebbero accadere in futuro o che potrebbero non accadere mai.

 

Non solo. Gli psicologi Matthew A. Killingsworth e Daniel T. Gilbert ci mettono in guardia: questo vagabondaggio mentale può renderci infelici.

 

Il vagabondaggio della mente, in sé e per sé, è qualcosa di naturale: la nostra mente è fatta così. Durante lo svolgimento di tutte le attività, soprattutto quelle che svolgiamo in modo automatico, una parte delle nostre energie mentali è lasciata libera di vagare tra i pensieri più disparati. Può capitare in qualunque momento.

 

Ma quali sono i costi a livello psico-fisico, se il vagare della nostra mente diventa incontrollabile? Cosa succede se, ad esempio, iniziamo a pensare eccessivamente a situazioni del passato o del futuro, senza più soffermarci sul fatto che le prime sono ormai immodificabili e le seconde potrebbero non verificarsi mai? Verosimilmente sperimenteremo un dispendio eccessivo di energie a livello emotivo, che si ripercuoterà successivamente a livello fisico, provocando stanchezza e demotivazione.

"Una mente umana è una mente errante, e una mente errante è una mente infelice", scrivono i due psicologi.

Altri studiosi potrebbero dissentire rispetto a quest’ultimo punto. È noto infatti che pensieri e immagini disconnesse possono stimolare grande creatività. Questo vagabondare ci permette di riflettere, ragionare, ipotizzare soluzioni, pianificare, avere intuizioni ed innovare. Sia il mind-wandering che il pensiero creativo sfruttano, infatti, la capacità di immaginare attraverso il cosiddetto “occhio della mente”, ovvero il restare assorti nei propri pensieri, connettendo input vari e bloccando l’ingresso di ulteriori stimoli esterni.

 

Che fare quindi quando la mente va, dove va, chissà.. come cantava Mina? Dobbiamo incoraggiare o combattere il mind-wandering? La risposta è: entrambe le cose.

 

Occorre infatti imparare a regolare questa attività spontanea della nostra mente, da un lato allenando una flessibilità utile a facilitare il pensiero creativo e, dall'altro prestando attenzione agli effetti collaterali di questa capacità quando portata a livelli eccessivi.

 

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