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Giudicare con saggezza

Tutti noi giudichiamo. Ma perché lo facciamo?

Studi scientifici hanno rivelato che il giudizio è una caratteristica innata della mente umana. Una delle ragioni principali dietro il giudizio è la necessità di semplificare e categorizzare il mondo circostante per affrontare la complessità della vita quotidiana. Questa categorizzazione ci aiuta a prendere decisioni rapide ed efficienti. A volte, il giudizio nasce come forma di autodifesa, che utilizziamo per determinare se ciò che è intorno a noi costituisce una minaccia o una risorsa. La psicologia sociale ha anche dimostrato l'influenza dell'ambiente e delle esperienze personali nella formazione dei giudizi.

 

Giudicare qualcuno non definisce chi sono loro, ma definisce chi siamo noi. Giudicare significa assegnare un valore ad un’esperienza che viviamo. È il nostro modo di interagire e paragonarci con il mondo al di fuori di noi. E per decidere, di conseguenza, quali azioni intraprendere. È un costante confronto e convalida di tutto ciò che percepiamo con ciò in cui crediamo. Le nostre convinzioni possono essere il risultato dei nostri tratti di personalità, della nostra condizionamento (a vari livelli come sociale, culturale o religioso) e delle nostre esperienze di vita.

 

Giudicare è un’esperienza umana, individuale e inevitabile. Le neuroscienze hanno infatti identificato aree del cervello coinvolte nel processo decisionale e nel giudizio, dimostrando che il nostro cervello è cablato per giudicare.

Per questo, non è saggio dire "smetti di giudicare", o “bisogna adottare un pensiero non-giudicante”, poiché tutti i nostri tentativi contro la nostra natura umana innata potrebbero essere vani. Più conveniente, credo, sarebbe, invece, imparare a diventare più consapevoli di ciò che rappresenta il giudizio in noi e negli altri e, attraverso questa consapevolezza, aprirsi e raggiungere una comprensione più profonda della realtà.

 

Potremmo quasi descrivere il processo come un circolo tale per cui l’essere umano fa esperienza di qualcosa, forma un giudizio, lo esprime aprendosi ad un dialogo per un confronto leale, onesto e trasparente. Attraverso questo dialogo, il giudizio può consolidarsi ulteriormente o cambiare, fino al successivo confronto con la realtà. Se ben gestito e affrontato con coraggio, il giudizio innesca un circolo virtuoso in cui è racchiusa la crescita e il processo di maturazione di ogni essere umano. Si chiama discernimento.

 

Non preoccupiamoci quindi di eliminare il giudizio, non solo perché, come ci dimostrano gli studi scientifici, trattasi di una lotta contro i mulini a vento ma anche perché rappresenta un meccanismo alla base dell’evoluzione dell’essere umano.

 

Preoccupiamoci piuttosto di capire cosa deve accompagnare il giudizio, ovvero consapevolezza, ascolto, empatia e curiosità. Questi sono elementi altrettanto fondamentali per la crescita personale e la costruzione di relazioni significative. La consapevolezza di sé ci permette di comprendere meglio chi siamo, i nostri bisogni, e le nostre motivazioni, fornendo un solido punto di partenza. L'ascolto attivo è un atto di rispetto verso gli altri, che ci consente di cogliere le loro emozioni e pensieri in modo profondo. L'empatia ci aiuta a connetterci con gli altri su un livello emotivo, promuovendo la comprensione reciproca e la compassione. Infine, la curiosità verso la realtà che ci circonda ci spinge a esplorare il mondo con mente aperta, apprendendo costantemente e ampliando la nostra prospettiva.

 

In sintesi, la nostra capacità di discernere non va eliminata, ma, anzi, incoraggiata e alimentata attraverso un uso saggio e responsabile di tutte e cinque le dimensioni.

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