
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 15 Mag 2025
- 4,5 giorni
- Class
- Italiano
Acquisire modelli di lettura e analisi del cambiamento in azienda e proporre metodologie di intervento per trasformare le visioni strategiche in risultati concreti.
In un mondo in costante movimento e con ritmi frenetici, spesso diamo per scontato uno degli elementi fondamentali che tiene insieme il tessuto sociale e professionale: il potere della gratitudine. Al lavoro, esprimere riconoscenza non è solo un gesto di cortesia, ma un catalizzatore di cambiamenti positivi. Troppo spesso, presi delle scadenze e delle responsabilità quotidiane, trascuriamo il semplice atto di dire 'grazie'. Eppure, dire ringraziare fa bene a noi e agli altri. Riconoscere il contributo degli altri non solo alimenta un clima di fiducia e collaborazione, ma rivela il vero valore delle connessioni umane nel mondo del lavoro. Gli studi hanno dimostrato che quando le persone si sentono grate, sono disposte a dedicare più energia per aiutare gli altri, a essere leali anche a costo di dover fare qualche sacrificio personale, e ad assumere una prospettiva più focalizzata al benessere collettivo piuttosto che quello individuale, come ha scritto il professor David DeSteno, che studia i modi in cui le emozioni guidano le nostre decisioni e comportamenti.
Alcuni dati ci fanno capire che la portata di ciò di cui stiamo parlando non è affatto banale e, purtroppo, è ancora spesso sottovalutata. Sappiamo infatti che il 93% dei lavoratori sostiene che i capi di maggior successo siano coloro che sanno esprimere la propria gratitudine. È stato anche dimostrato ad Harvard che avere un capo capace riconoscente aumenta la produttività del 50%. Purtroppo però, solo il 10% delle persone esprime la propria gratitudine in ambito professionale. E, come se non bastasse, è stato evidenziato che quanto più potere detengono i membri di un'organizzazione, tanto minore è la probabilità che provino e manifestino gratitudine. Studiando le ragioni alla base di questo comportamento è emerso che questi individui si credono maggiormente legittimati a ricevere favori in virtù del proprio status e si preoccupano in misura inferiore delle relazioni con gli altri.
Il che, se ci pensate, è una contraddizione. Più infatti si acquisiscono responsabilità apicali, più si diventa “dipendenti”. Si dipende sempre più dalla qualità del lavoro altrui. Non allenarsi ad esprimere la propria gratitudine significa trascurare la principale fonte del successo aziendale: le persone e il loro lavoro.
Dire “grazie” non basta. È certamente un inizio, ma conta, ovviamente anche il come e il quando lo si dice. È, infatti, bene essere dettagliati riguardo a ciò per cui si è grati, spiegare perché quel gesto è stato significativo e sottolineare in modo preciso ciò che si apprezza nella controparte. Quanto alla tempistica per esprimere la gratitudine? La risposta è: ora. È preferibile dire grazie il prima possibile dopo l'azione che ha generato un impatto positivo come ci ricorda Amy Gallo in uno dei suoi articoli su HBR più famosi.
Un tempo c’erano il genitore, la nonna o la maestra dell’asilo a insegnarci a dire grazie. Oggi – che ci crediate o meno - ci sono i consulenti della gratitudine per insegnare ai leader questa sana abitudine. In alcuni casi, concordo, è evidente come sia necessario questo tipo di affiancamento. Ma – permettetemi – nella maggior parte dei casi si potrebbe “semplicemente” ritagliarsi il tempo necessario e provarci.
Forse basterebbe pensare che stiamo per lasciarci alle spalle un altro anno e – come dice Christopher Littlefield, un esperto in tema di apprezzamento dei dipendenti – al rientro si potrebbe cominciare così:
Durante le vacanze, stavo riflettendo sulle persone che hanno reso migliore quest'anno per me, e mi sei venuto/a in mente tu.
Buon Natale e felice anno nuovo a tutti, grazie per come anche quest’anno avete seguito #AboutLeadership e per tutti i commenti, esperienze e idee condivise che non hanno fatto altro che arricchire questo nostro percorso di crescita come leader!