Ppp, come far rinascere la Fenice dalle sue ceneri

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I CONTRATTI DI PARTNERSHIP PUBBLICO PRIVATO INTRODOTTI DA UN DECENNIO NON SONO STATI ADEGUATAMENTE UTILIZZATI, MA RESTANO LO STRUMENTO MIGLIORE PER RILANCIARE IL SETTORE. PROGRAMMAZIONE, MAGGIOR KNOW HOW NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E COMMITMENT POLITICO I PUNTI.
di Veronica Vecchi, SDA Professor di Public Management and Policies

E' indubbio che le infrastrutture siano un potente mezzo per sostenere lo sviluppo economico, per incrementare il pil e l’occupazione. Tuttavia la necessità di contenere il debito e raggiungere maggior efficienza e innovazione nell’erogazione dei servizi impongono l’utilizzo dei capitali privati, che, tra l’altro, vedono nelle infrastrutture un’asset class particolarmente adeguata, specie per i nuovi long term investor, quali i fondi pensioni, le assicurazioni e i fondi sovrani.

I Ppp, contratti di partnership pubblico – privato sono il veicolo di riferimento per canalizzare capitali e know how privato nel settore degli investimenti pubblici. In Italia stiamo cercando di utilizzare questi contratti da oltre 10 anni, con risultati non certamente straordinari. Tuttavia, la colpa non è ascrivibile al Ppp in quanto tale, ma alle modalità con cui questo strumento, molto complesso, è stato utilizzato. Il Ppp non ha funzionato essenzialmente perché è stato considerato quasi esclusivamente come un mezzo per aggirare i vincoli finanziari e sopperire alla carenza di risorse e perché è stato visto come una procedura di gara, seguendo, quindi, un approccio prettamente burocratico.

Questo non ha consentito di sfruttare pienamente le potenzialità di questa tipologia di contratti e, in particolar modo, di stimolare il settore privato a individuare modelli di business in grado di rispondere in modo più efficiente ed efficace ai bisogni sociali integrando le competenze della pubblica amministrazione. Il nostro paese ha ora necessità di voltare pagina e di proporsi come interlocutore affidabile per operatori industriali e investitori, nazionali e internazionali. Per attirare questi investitori serve chiudere alcuni gap.
 
Dalla World bank al nuovo codice
In particolare serve chiudere il gap di programmazione, con una pipeline di progetti che in pochi anni possano essere pianificati e avviati, mettendo a sistema le migliori competenze manageriali, pubbliche e private (da cui il concetto di flusso manageriale), diventando un benchmark di riferimento e contribuendo, quindi, alla generazione di asset su cui sviluppare il mercato. È evidente che per fare questo serve una policy che sdogani il Ppp come strumento per realizzare e gestire investimenti complessi e non come only game in town per quei progetti che non ricevono la necessaria copertura finanziaria, nazionale e regionale. Tra i gap da chiudere vi è anche quello di conoscenza, che poi può contribuire anche alla chiusura del gap di selezione e di partnership. È evidente che per gestire contratti complessi di Ppp c’è bisogno di attirare eccellenti competenze nel settore pubblico e di continuare a stimolarle e a svilupparle. A valle poi il mercato, a sua volta, si attrezza. Le misure di spending review portate avanti negli ultimi anni hanno, invece, ridotto drammaticamente la capacità del settore pubblico di avvalersi delle migliori competenze disponibili sul mercato. Purtroppo, oggi si sente sempre più spesso che la risposta a questo problema delle competenze pubbliche in materia di Ppp sono i contratti standard. Ottima soluzione se però questi contratti rappresentano un canovaccio che definisce regole minime su cui avviare un processo di sartorializzazione. Un segnale in questa direzione arriva anche dalla World bank, da anni tra i principali stakeholder nel mercato del Ppp.

Se prima la Banca mondiale offriva contratti standard in vari settori, ora offre massive open online courses  e un programma per la certificazione delle competenze degli esperti chiamati a strutturare e gestire i progetti di Ppp nel mondo.  Il 19 aprile di quest’anno è stato approvato il nuovo Codice dei contratti, che recepisce le direttive comunitarie su appalti e concessioni. Esso dedica una sezione alle operazioni di Ppp, pur tuttavia non stravolgendo la vecchia impostazione del precedente Codice del 2006 e anzi continuando a vedere il Ppp come modalità per la contabilizzazione off-balance sheet degli investimenti. Al di là di questo, si tratta certamente di un ingrediente importante, ma per chiudere il gap infrastrutturale e sostenere la competitività del nostro paese non serve solo una nuova norma. C’è bisogno di una policy e soprattutto di un forte commitment politico, senza il quale il Ppp rimarrà sempre relegato a qualche sperimentazione locale a opera di qualche manager pubblico o operatore economico coraggioso, con il rischio, quindi, che il modello non diventi scalabile. Sono molti, infatti, oggi gli operatori privati che vorrebbero spingere il Ppp a suon di proposte a iniziativa privata, ovvero unsolicited (non sollecitate con bando di gara). Nel medio termine questo potrebbe distruggere il mercato, impoverendo la qualità dei servizi a fronte di un aumento dei costi e riducendo la competitività dei nostri operatori economici.

Fonte: ViaSarfatti25

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