
- Data inizio
- Durata
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- Lingua
- 5 Mag 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
Affrontare le sfide attuali della funzione HR a 360 gradi, grazie a strumenti metodologici per attrarre, scegliere e trattenere in azienda i migliori talenti.
Il problema dell’attrattività e della retention dei talenti è una sfida con cui le aziende si misurano continuamente. Se guardiamo in particolare all’ambito IT/Digital, la mancanza di talenti sul mercato del lavoro, le richieste e le aspettative parzialmente inedite da parte di coloro che si candidano a una nuova posizione di lavoro, l’elevato turnover di queste figure nelle aziende sono tutti aspetti distintivi dell’attuale contesto italiano. Ma è solo una nuova fase di tensione tra domanda e offerta di lavoro o c’è qualche elemento di discontinuità?
I problemi strutturali del nostro Paese sono noti: natalità in calo da anni, basso sviluppo di competenze STEM, lentezza nello sviluppare piani di studio per la scuola superiore e l’università coerenti con le aspettative delle imprese, incapacità di fare matching tra offerta e domanda di lavoro. Se e come possano le imprese intervenire nell’ambito delle competenze IT/Digital per affrontare il problema nel breve-medio termine è tema di confronto importante e approfondito, come dimostra anche il recente forum di discussione avvenuto in SDA.
«Ci sono cicli e ricicli nel mercato del lavoro IT», come rammentato da Davide Gindro, CIDO del gruppo SOL, «ma un aspetto nuovo è che lo smartworking ha aperto la competizione tra domanda e offerta anche con l’estero». In un contesto in cui lavorare completamente da remoto è possibile, gli specialisti IT/Digital guardano naturalmente anche al mercato internazionale, dove le aziende offrono retribuzioni migliori. Ma si osserva anche un’aspettativa di ritorno ai basic, come il lavorare in team dinamici in presenza, viaggiare, avere momenti ricreativi in azienda.
«Più che di smartworking, si tratta di un tema di work-life balance, più ampio e cross-generazionale», come osservato da Debora Guma, CIO del gruppo Longhi. Garantire un buon equilibrio vita-lavoro, anche tramite gli strumenti di wellbeing aziendale, è importante, ma per risultare attrattive le organizzazioni devono anche offrire opportunità reali di crescita, di sfida, di autonomia, e non gerarchie o controlli burocratici. Il modello organizzativo e il clima aziendale pesano molto sia nel «racconto di attrattività» che è possibile fare, sia nella vita lavorativa quotidiana. Creare un ambiente dinamico, in cui si presentano sfide continue e progetti di innovazione digitale interessanti, e in cui ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo, è certamente un modo per essere attrattivi. Senza naturalmente dimenticare la necessità di una crescita graduale, in cui l’esperienza ha ancora molto valore.
Un altro aspetto rilevante è l’attesa di maggiore autonomia lavorativa, soprattutto da parte delle nuove generazioni. Come ricordato da Valeria Ficili, HR manager di Sisal, «non è raro osservare che il cosiddetto posto fisso venga abbandonato per un’attività professionale più autonoma da freelance». L’offerta di un percorso di carriera sembra essere un buon fattore di attrazione in fase di recruiting, ma bisogna fare attenzione alle promesse che si fanno: le nuove generazioni sembrano avere in generale molta voglia e fretta di fare carriera, e oggi è facile per i giovani talenti IT/Digital trovare sul mercato chi può offrire qualcosa di meglio, ma non sempre è possibile garantire carriere verticali o orizzontali, sia in ambito manageriale che tecnico.
Se è indubbio che mancano le competenze hard, c’è anche uno shortage di competenze soft, sempre più indispensabili per interpretare bene i ruoli nel settore IT/Digital. Nelle nuove generazioni prevale la prospettiva della «sperimentazione del lavoro» per acquisire know how e fare nuove esperienze; prospettiva che alimenta il turnover. Rispondere con tempestività ai fabbisogni di profili IT/Digital è sempre più complesso, tanto che, come raccontato da Virginia Ghisani, partner di Key2people, «noi abbiamo dovuto riadeguare i nostri contratti con i clienti in termini di impegno nel tempo massimo di chiusura delle posizioni. Rileviamo tassi di rifiuto da parte dei candidati che arrivano anche al 70 per cento!». I colloqui di selezione oggi vertono solo in minima parte sulle competenze, sia hard che soft, per concentrarsi invece sulle motivazioni, sulle aspirazioni, sul sistema valoriale e sulle modalità di svolgimento del lavoro offerto, oltre che sul contenuto dello stesso. Sempre più le strategie delle risorse umane, le iniziative e gli investimenti sono calibrate in base a due cluster di profili: quelli in grado di generare valore nel lungo termine e quelli con cui instaurare uno scambio di valore nel breve periodo.
Esiste sicuramente un desiderio diffuso tra i giovani che vogliono che il proprio lavoro sia riconosciuto e apprezzato. Per chi non si sente valorizzato, le possibilità di turnover sono veicolate anche dai social network, che propongono vetrine aziendali e posizioni lavorative in modo sempre più facile, veloce e accessibile rispetto a prima. L’instabilità del lavoro ormai è diventata fisiologica e un manager deve tenerne conto come un dato di fatto da gestire quotidianamente. «Una leva che utilizziamo è la selezione di neolaureati e stagisti con cui impostare un robusto piano di accompagnamento iniziale al lavoro, che abbia come priorità la comprensione del contesto aziendale e soprattutto dell’IT», racconta Fabio Mutti, CIO di Esselunga. Questa impostazione va a lavorare sulle fondamenta del legame dipendente-azienda, diventando un fattore importante di retention e garantendo una continuità lavorativa maggiore.
La situazione di incertezza e difficoltà sulle risorse umane IT che abbiamo finora descritto sembra avere un impatto sulla maggiore consapevolezza della direzione IT/Digital sia sulle sue scelte di IT sourcing (mix di internalizzazione e di esternalizzazione di attività, servizi, risorse e competenze), sia sul decentramento possibile di risorse e attività IT nelle direzioni aziendali per renderle più autonome e accountable sui progetti e sui risultati digitali. Inoltre, in un contesto in cui le gabbie contrattuali e salariali non rispondono più al nuovo contesto di mismatching tra domanda e offerta di lavoro, diventa ancora più critica la partnership tra la direzione HR e quella IT/Digital: come ricordato da Michela Bambara, CIO del gruppo Epta Refrigeration, «se vogliamo essere attrattivi verso i nuovi talenti IT/Digital dobbiamo anche di disporre di strumenti retributivi che si adeguino al nuovo modo di lavorare e a nuovi modi di produrre risultati e performance in azienda».
Molti giovani e brillanti neo-laureati sembrano essere attratti dalle startup, da un lavoro imprenditoriale svolto ai limiti dell’innovazione tecnologica, in alternativa al posto fisso, da dipendente. Non è una prospettiva banale da concretizzare, ma un modo potrebbe essere quello di creare unità o team interfunzionali in azienda che lavorino sull’innovazione digitale (idee, PoC di use case innovativi, sperimentazioni, progetti digitali) fuori dalle routine, in modo simile alle startup, anche se non certamente uguale, ma con gli stessi stimoli creativi, dinamici e sfidanti del «realizzare un’idea nuova», del lavoro agile, del try & fail e della conquista graduale all’interno dell’azienda delle risorse finanziarie e umane necessarie. Certamente in fase di assunzione del candidato IT/Digital questo ambiente e modo di lavorare sono una promessa; promessa che se non realmente agita, si trasforma velocemente in una forte disillusione con alto rischio di turnover.
Un’altra modalità potrebbe essere quella di costituire una società IT dedicata, di gruppo, cioè societarizzare la funzione IT/Digital, con numerosi vantaggi, tra cui la possibilità di creare una forte identità tra le persone IT/Digital e di impostare sistemi di people management e contratti lavorativi ad hoc per manager e specialisti IT/Digital, più motivanti e coerenti con i risultati prodotti. Un altro aspetto critico della retention riguarda come «blindare» le figure chiave (non necessariamente le più giovani o neo-assunte, dove anche l’impiego dei basic può aiutare molto). Come per tutte le professioni, anche il brand e la localizzazione geografica dell’azienda continuano ad avere il loro peso nell’attrarre e nel trattenere talenti IT/Digital. Infine, se comprende il lavoro dell’IT/Digital, anche la funzione HR può essere un buon alleato della funzione IT/Digital e una buona interfaccia verso il mercato del lavoro IT, con un’attività di selezione diretta o intermediata da Head Hunter specializzati.
In conclusione, non esiste una soluzione univoca o una ricetta facile: il mix di idee e strumenti impiegabili per essere attrattivi e trattenere persone capaci in ambito IT/Digital è vario, ma in generale imparare a gestire il turnover fisiologico dei talenti IT/digital sarà una capacità molto preziosa per le imprese che fanno dell’innovazione digitale una reale leva competitiva da difendere, far evolvere e di cui misurare i risultati di business.