Sotto la lente

Quelle tra Russia, Ucraina e resto del mondo sono vere negoziazioni? Un’analisi tecnica

Nelle negoziazioni sul conflitto russo-ucraino, la Russia detta condizioni rigide, l’Ucraina difende la propria sovranità e si dimostra aperta al dialogo, l’Unione Europea utilizza delle soluzioni multilaterali che utilizzino un processo strutturato fondato sul diritto, gli Stati Uniti hanno un approccio transazionale e altalenante, la Cina ha un approccio strategico basato sulla “low visibility.” Ma questi cinque attori stanno davvero negoziando?

 

Una delle condizioni per poter realmente negoziare è la creazione di uno spazio comune all’interno del quale muoversi. Per quanto si possano coinvolgere i più esperti negoziatori, se ognuno negozierà al di fuori di questo spazio comune (e, in tal caso, dovremmo chiederci quale sia il loro mandato negoziale), di fatto non c’è una negoziazione comune, bensì un monologo collettivo.

 

Il punto di partenza del conflitto tra Russia e Ucraina (che, in realtà, è un conflitto politico e diplomatico a livello globale) risale all’annessione della Crimea – che de iure è una regione dell’Ucraina – da parte della Federazione Russa nel 2014, a seguito della rivoluzione di Maidan e del rovesciamento del governo filorusso a Kyiv. L’intervento russo nelle regioni del Donbas – per il quale gli Accordi di Minsk (2014 e 2015) non hanno prodotto i risultati desiderati – ha generato la situazione che conosciamo. Anni di escalation hanno portato all’invasione iniziata il 24 febbraio 2022 e hanno determinato il conflitto tutt’oggi in atto.

 

Proviamo ad analizzare il profilo negoziale che sta adottando ognuna delle parti citate, utilizzando tre framework specifici ovvero il principled negotiation proposto da Fisher et al (1981), il dilemma negoziale proposto da Lax & Sebenius (1986) e three-dimension prysm (Caporarello, 2025), che analizza il profilo negoziale attraverso tre dimensioni, ovvero l’orientamento al risultato, l’orientamento alla relazione e la gestione delle emozioni.

 

Russia, l’attore egemonico. La Federazione Russa esprime un profilo fortemente orientato alla rivendicazione unilaterale del valore. Schelling nel 1960 discuteva di come l’uso della forza, intesa come leva di pressione, rientri nella coercive diplomacy. La posizione negoziale della Russia, tecnicamente, non richiama un approccio collaborativo, come dimostrato, ad esempio, dalla richiesta di riconoscimento dell’annessione della Crimea e del controllo di ampie porzioni del Donbas. Potremmo definire questo profilo come “attore egemonico,” basato su un elevato livello di assertività, bassa sensibilità relazionale ed un rigido controllo emotivo. Come osserva Galeotti (Putin’s Wars: From Chechnya to Ukraine. Oxford: Osprey Publishing, 2022) “per Putin, la negoziazione non è una via alla pace, ma uno strumento di dominazione”.

 

Ucraina alla ricerca di valore da offrire. Il profilo negoziale dell’Ucraina combina una determinazione difensiva e un’apertura tattica. Questa doppia traiettoria valorizza, da una parte, il rispetto dei principi, tra tutti l’integrità territoriale e, dall’altra, l’importanza di mantenere aperto il dialogo anche in condizioni di forte asimmetria di potere. Kyiv, in più occasioni, ha infatti ribadito la propria apertura al dialogo fondato su princìpi di equità (“Peace does not mean giving up our territories or our dignity”, Discorso al Parlamento Europeo 2023). Questo profilo, che potremmo definire come “value builder,” riflette un mix tra orientamento al risultato (fine del conflitto) e alla relazione (alleanza internazionale, anche se talvolta disordinata), con una gestione emotiva matura, considerando l’elevata pressione.

 

Unione Europea, il diplomatico. L’Unione Europea dimostra uno stile negoziale prevalentemente orientato alla diplomazia. L’UE si pone il focus sul rispetto di valori condivisi, del diritto internazionale e sul multilateralismo. Questo descrive un attore negoziale che agisce maggiormente sulla diffusione di valori e principi etici e non impositore di soluzioni nei conflitti. Dunque, potremmo definire questo profilo come “diplomatico,” caratterizzato da un elevato orientamento alla relazione e forte capacità emotiva, per quanto il risultato sia una bassa incisività operativa dovuta ad alcune difficoltà di coordinamento interno. Come è stato osservato in un’analisi recente pubblicata su Ethics & International Affairs, il conflitto Russia-Ucraina ha accentuato la tensione tra l’identità normativa dell’UE e le sue ambizioni geopolitiche. L’UE si sforza di agire come attore potente e morale allo stesso tempo, ma la sua voce resta talvolta frammentata e meno efficace rispetto ad attori più coesi.

 

Stati Uniti, il giocatore d’azzardo. Gli Stati Uniti alternano fasi di pressione unilaterale a tattici tentativi di dialogo diretto con Mosca, anche senza coinvolgere altri interlocutori rilevanti e direttamente coinvolti nel conflitto. Comportamenti di questo tipo generano ambiguità e non facilitano l’integrazione che è alla base delle negoziazioni collaborative. Ad esempio, il recente invito al cessate il fuoco da parte del presidente USA, seguito da una rapida smentita della Casa Bianca, è indicativo di un approccio variabile e opportunistico. Potremmo definire questo profilo come “giocatore d’azzardo,” caratterizzato da un orientamento prevalente al risultato individuale, una scarsa coerenza relazionale e flessibilità strumentale. Come rileva il Washington Post, “l’approccio americano risente delle dinamiche interne più che di una strategia coerente.”

 

Cina, l’architetto silenzioso. Altro interlocutore strategico è la Cina, che sta adottando un approccio negoziale caratterizzato da discrezione e strategia a lungo termine. Per tale ragione potremmo definire questo profilo come “architetto silenzioso”. Questo profilo si distingue per un elevato orientamento al risultato, una sensibilità selettiva alla relazione ed una gestione delle emozioni molto controllata. Pechino ha evitato condanne esplicite all’autore dell’aggressione, mantenendo relazioni sia con Mosca che con Kyiv. Infatti, ad esempio, già nel marzo 2022, durante i colloqui di Istanbul, la Cina ha sostenuto una soluzione di compromesso, appoggiando un accordo che prevedeva la neutralità dell’Ucraina in cambio di garanzie di sicurezza multilaterali. Successivamente, in un vertice bilaterale con la Russia (maggio 2024), Pechino ha ribadito la “necessità di una soluzione politica” e l’importanza di “evitare un’escalation del conflitto”. A marzo 2025, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha invitato l’Ucraina e la Russia a trovare una soluzione attraverso i negoziati. Questo approccio riflette pienamente la tradizione diplomatica cinese il cui obiettivo è influenzare la negoziazione attraverso dinamiche laterali, piuttosto che attraverso interventi diretti, e comunque tenendo ben presente i propri interessi strategici a lungo termine.

 

Come detto all’inizio, il conflitto va gestito trovando anzitutto lo spazio entro cui negoziare. E, in questo contesto, lo spazio in cui negoziare deve essere ricercato utilizzando la diplomazia e coinvolgendo tutte le parti coinvolte.

 

Il 16 maggio 2025 si è tenuto ad Istanbul un incontro ufficiale tra delegazioni delle due nazioni (Russia e Ucraina), il primo colloquio diretto dal 2022. Tuttavia, non erano presenti rappresentanti ufficiali di Stati Uniti, Unione Europea o Cina. Se il team dei negoziatori è parziale, il risultato sarà molto probabilmente anch’esso parziale. Per cui, nonostante abbiano trovato un accordo su un importante scambio di prigionieri, la strada verso la conclusione del conflitto è ancora instabile ed accidentata.

 

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