Sotto la lente

Reagire alla crisi: le lezioni del passato

In queste settimane stiamo affrontando un’emergenza epocale. La nostra società è alle prese con la diffusione pandemica di un virus sconosciuto con capacità di contagio molto elevata ed effetti sulla società e sull’economia potenzialmente devastanti. La situazione, non nuova né inaspettata, conferma la nostra fragilità di fronte alla quale la politica, le istituzioni e le imprese di tutti i Paesi del mondo si stanno mostrando impreparate. Questo ci porta a riflettere sulla natura delle crisi e su quale atteggiamento sia appropriato per costruire, alla fine dell’emergenza, una società migliore.

 

Le civiltà del passato, con le rispettive istituzioni politiche e organizzazioni economiche, si trovano periodicamente ad affrontare qualche crisi, di lieve o gravissima entità. Non esistono civiltà, società e organizzazioni che riescano a vivere senza conoscere momenti di difficoltà: queste fanno parte dell’esistenza e non sempre sono evitabili. E poiché calamità e disastri di varia natura non possono essere scongiurati e nessuno ha la ricetta per eliminarli, devono essere periodicamente fronteggiati, ma anche utilizzati per mobilitare le forze della società, delle organizzazioni e degli individui.

 

I cambiamenti climatici e lo scempio delle risorse naturali a livello planetario, l’utilizzo di armi di distruzione di massa e la diffusione insostenibile di diseguaglianza e fame nel mondo, l’insorgere di catastrofi ambientali o la propagazione pandemica di malattie, come nel caso che stiamo vivendo in questo momento, sono tutti eventi che non possiamo più permetterci di considerare improbabili o casuali. Quando questi dipendono dalle nostre scelte dobbiamo prevenirli, quando sono indipendenti bisogna imparare ad affrontarli.

 

Le crisi, per quanto negative e talvolta drammatiche, hanno in sé anche qualcosa di positivo, il seme di un cambiamento che può essere favorevole e che può portare a una società migliore. Quando, infatti, si affronta una grande difficoltà, una situazione imprevista, una sfida senza precedenti, un pericolo spaventoso, spesso si sprigionano energie che non solo consentono di fronteggiare la sfida, ma anche di attivare un processo di cambiamento che porta a miglioramenti di grande rilievo.

 

A questo proposito, lo storico Arnold Toynbee sosteneva che quando una civiltà si trova ad affrontare una grave minaccia può soccombere, oppure, se riesce a superarla, è in grado di imprimere una svolta al proprio destino, raggiungendo elevati traguardi nella cultura, nell’arte, nell’economia e nella tecnologia, e su cui costruire una nuova fase di sviluppo. Pensiamo ai greci. Dopo la gravissima minaccia subita nel V secolo a.C. dall’Impero persiano, potendo mobilitare e dare fondo a tutte le energie di cui erano capaci, riuscirono a sconfiggere i loro nemici e a creare una fiorente civiltà nel campo dell’arte, dell’architettura, della filosofia, le cui fondamenta sorreggono ancora il mondo occidentale. E gli esempi analoghi nella storia dell’umanità sono innumerevoli.

 

Questo è vero non solo nel caso delle crisi che riguardano le grandi civiltà del passato, ma anche per le piccole emergenze che in modo ricorrente attraversano i nostri tempi. Nel corso di una ricerca IPSO sulle imprese associate ad Assolombarda, relativa alla crisi economica certo non drammatica ma pur sempre significativa che ha toccato il nostro Paese nel 2012, è stato chiesto agli imprenditori se essa avesse rappresentato anche un’opportunità. Le risposte sono eloquenti: più della metà dei capi azienda ha risposto che le proprie imprese sono state in grado di cogliere dalla crisi occasioni di crescita e solo il 10 per cento non ha intravisto alcun vantaggio.

 

Nei grandi problemi possono dunque esserci anche aspetti positivi, a condizione di considerare le difficoltà nella corretta prospettiva e assumendo il giusto atteggiamento.

 

Vediamo, in estrema sintesi e per punti, cosa possiamo imparare dalle grandi calamità del passato e quale atteggiamenti dovremmo avere per affrontare questa crisi e quelle che verranno e soprattutto per migliorare la nostra società.

 

  • Gli esseri umani, le loro organizzazioni, non hanno il controllo di ogni evento, sono al contrario estremamente vulnerabili e fragili. Una delle cause delle crisi è proprio il senso di onnipotenza che porta a sottovalutare i pericoli e a fare affidamento esclusivamente sulla propria forza, sul presunto potere di controllo.
  • Molte capacità, circostanze ed eventi che sono importanti prima della crisi, non lo sono più in seguito, e nuove situazioni, competenze, risorse, organizzazioni diventano di gran lunga più rilevanti. Non si può dunque pensare che quanto era apprezzabile, utile e importante prima rimanga tale anche dopo.
  • Ogni crisi accresce la complessità e comporta la necessità di modificare profondamente le strutture e i comportamenti di istituzioni, organizzazioni e individui. Cercare di mantenere a tutti i costi lo status quo, per conservare le posizioni di potere dopo la crisi, sarebbe un grave errore.
  • Le soluzioni che erano del tutto appropriate prima della crisi spesso non funzionano in seguito: devono esserne trovate di nuove, attraverso approcci innovativi che, tuttavia, non sono facili da individuare. Il metodo che funziona meglio in condizioni di elevata complessità è quello sperimentale, che richiede un metodo decisionale totalmente diverso da quello usuale.
  • La sperimentazione è efficace quando la collettività è pronta ad accettare gli errori e le false partenze. Chi vuole procedere pensando di avere la ricetta infallibile, senza rischiare di intraprendere strade nuove e sostenendo i costi degli inevitabili errori, è destinato a uscire dalla crisi molto più debole.
  • Il senso di comunità è essenziale per affrontare le difficoltà e per costruire un nuovo futuro: le grandi crisi non possono essere affrontate da individui o singole istituzioni, ma richiedono un grande sforzo di carattere collettivo. Senza un contributo corale è molto difficile uscire in modo positivo da crisi profonde.
  • Una comunità è tale quando presta attenzione a tutti i suoi membri, non solo a quelli più forti o più potenti, ma soprattutto ai più deboli e ai più marginali. Questo atteggiamento dà il senso di cosa sia davvero una comunità e di cosa per essa valga la pena affrontare, superando difficoltà, lottando, trovando energie insperate per cominciare un nuovo periodo di sviluppo.

 

Mettiamo in campo tutte le misure necessarie per affrontare l’emergenza, senza dimenticare che dalla crisi prima o poi si uscirà. A quali condizioni, dipende solo da noi.

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