Sotto la lente

La casa sarà sempre più un lusso

Per «housing affordability» s’intende la capacità economica di sostenere i costi per l’acquisto o la locazione di un’abitazione. In mancanza di una definizione ufficiale (sia a livello nazionale che internazionale) l’accessibilità abitativa viene misurata come rapporto tra i costi abitativi e i redditi, per cui è comunemente accettata una soglia del 30 per cento oltre la quale un’abitazione non è considerata accessibile.

In Italia, il livello medio di accessibilità al 2021 si attesta al di sotto della soglia del 30 per cento. Negli ultimi dieci anni l’accessibilità abitativa è migliorata quasi costantemente. Nel tempo, il peso delle spese abitative è infatti andato riducendosi: se nel 2012 il rapporto si attestava quasi al 48 per cento (una famiglia mediana con un contratto di finanziamento in essere per l’acquisto di un’abitazione spendeva circa la metà del proprio reddito per il pagamento delle rate) nel 2021 lo stesso dato si attestava a poco meno del 28 per cento.

Questa riduzione è dovuta a più fattori: i tassi d’interesse hanno mantenuto valori molto bassi per esigenze di politica monetaria; a ciò si sono aggiunti il trend di incremento dei redditi e quello di riduzione dei prezzi delle abitazioni che hanno caratterizzato il nostro Paese nel periodo analizzato fino al 2019.

Dal 2020, la pandemia e la successiva crisi economica hanno comportato una parziale inversione dell’andamento di tali variabili. Il mercato immobiliare residenziale si è mostrato dinamico, con un aumento dei prezzi sia nel 2020 che nel 2021; la riduzione dei tassi d’interesse ha subito una battuta d’arresto nel 2021, dopo che la politica monetaria era stata resa ulteriormente espansiva nel 2020 in risposta alla crisi pandemica per evitare un blocco sul mercato del credito; infine, i redditi si sono ridotti nel 2020 con le difficoltà economiche dovute alle restrizioni anti-pandemia, per poi recuperare nel corso del 2021 (+3,8 per cento a prezzi correnti, secondo la Relazione annuale sul 2021 di Banca d’Italia). Di conseguenza, il trend decrescente del rapporto tra spese abitative e reddito si è interrotto, e il valore è lievemente aumentato nel 2020 e nel 2021 rispetto al 2019.


Come cambia la situazione se assumiamo un focus territoriale? Possiamo guardare alla situazione dell’accessibilità abitativa con riferimento ai capoluoghi di regione nel 2021. Le città meno accessibili sono Venezia (con il primato del 53,6 per cento), Firenze (52,5 per cento), Napoli (47,1 per cento), Bologna (44,7 per cento), Roma (44,2 per cento) e Milano (43,6 per cento). La situazione è lievemente migliore, ma comunque non ottimale, per Genova (38,4 per cento), Cagliari (37,7 per cento), Bari (36,9 per cento), Torino (34,1 per cento), Trieste (33,9 per cento), Aosta (30,7 per cento) e Palermo (30,2 per cento). Le città più accessibili sono invece Potenza (29,3 per cento), Ancona (27,9 per cento), Campobasso (27,4 per cento), Perugia (27,3 per cento), Catanzaro (25,6 per cento) e L’Aquila (il capoluogo in definitiva più accessibile, con il 20,5 per cento).

Il primo dato da rilevare è che, assumendo ancora come soglia massima per l’accessibilità abitativa un rapporto del 30 per cento tra spesa abitativa e reddito, l’acquisto di un’abitazione risulta non accessibile in ben 11 delle 19 città analizzate. In secondo luogo, sorprendentemente, la città di Milano non è al primo posto tra le città più inaccessibili: i capoluoghi di Veneto, Toscana, Campania, Emilia-Romagna e Lazio presentano valori più elevati (e quindi un’accessibilità minore) malgrado i valori di vendita al metro quadro inferiori a quelli di Milano. Questo apparente paradosso è motivato dal basso livello dei redditi in queste città, che compensa la differenza nei valori determinando un rapporto canone/reddito più elevato.

Guardando più da vicino la città di Milano, suddivisa per zone OMI (Osservatorio sul Mercato Immobiliare), nessun’area appare accessibile: le zone più lontane dal centro presentano un rapporto compreso tra il 30 e il 60 per cento; spostandosi verso il centro l’housing affordability peggiora, con valori superiori al 60 per cento.


Tornando a una visione d’insieme, come evolverà l’accessibilità abitativa in Italia nei prossimi mesi? L’andamento del rapporto dipenderà naturalmente dall’evoluzione delle variabili coinvolte. Nello specifico:

  • le previsioni sui redditi sono in aumento per il 2023, con un impatto positivo sull’accessibilità;
  • la BCE ha annunciato incrementi ulteriori dei tassi, con un impatto negativo
  • sull’accessibilità;

infine, i prezzi delle abitazioni sono cresciuti nel secondo semestre del 2022 e per il 2023 sarà determinante il rallentamento della domanda previsto, in ragione anche del rapporto inverso tra l’andamento di numero di transazioni normalizzate (NTN) e tassi di interesse nell’ultimo decennio (correlazione del –0,67 per cento tra 2010 e 2021). A ciò seguirà un rallentamento dei prezzi, che aumenteranno anche nel 2023, ma con meno vigore di quanto era stato previsto nei mesi scorsi (+0,7 per cento contro il +2 per cento previsto a luglio, dati Nomisma).

È dunque probabile che per il 2023 si registri un peggioramento del livello di accessibilità per l’effetto combinato delle tre variabili discusse. Provando a stimare il livello di accessibilità sulla base dei dati esposti e avanzando ipotesi sull’andamento dei redditi (crescita a prezzi correnti pari alla media degli anni precedenti la pandemia), emerge un incremento del peso dei costi abitativi sul reddito. (Il tasso di crescita dei redditi applicato al 2023 è dato dalla media per il periodo 2013-2019, scelto con l’intenzione di escludere gli anni caratterizzati da un andamento meno ordinario a causa di crisi e successivi rimbalzi.) Inoltre, se anche si ipotizzasse ottimisticamente un tasso di crescita dei redditi nominali pari a quello osservato nel 2021 (anno caratterizzato da un rimbalzo economico rispetto al precedente) per il 2023, l’accessibilità subirebbe comunque un peggioramento.

Ad ogni modo, i costi di acquisto per un’abitazione in Italia sono appena al di sotto del livello considerato accessibile. Sarebbe comunque necessaria una riduzione, tanto più considerando che per famiglie appartenenti a fasce di reddito medio-basso anche un valore inferiore al 30 per cento può risultare insostenibile, comportando risorse residue insufficienti per il soddisfacimento delle necessità primarie.

Cosa può fare la politica per migliorare l’accessibilità abitativa? Le politiche attuabili per far fronte alla crisi di accessibilità abitativa possono riguardare l’incremento dell’offerta o l’allentamento delle condizioni del credito. A nostro avviso, considerando il periodo di stretta monetaria in corso, è auspicabile l’intervento delle autorità locali e nazionali dal lato dell’offerta abitativa, per rimuovere le barriere fisiche e regolamentari che la limitano nel lungo periodo. Altre politiche attuabili in tal senso hanno lo scopo di:

incentivare gli sviluppatori privati a creare strutture residenziali a prezzi calmierati (social o public housing) tramite sussidi o crediti d’imposta per progetti che soddisfano determinati requisiti;

introdurre voucher abitativi a sostegno delle fasce della popolazione a reddito medio-basso e progettare in maniera inclusiva le zone, con la previsione di quote fisse di nuove costruzioni che siano accessibili.

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