
- Data inizio
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- 15 Mag 2025
- 4,5 giorni
- Class
- Italiano
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«Slowbalization» è un termine che può essere coniato a seguito della pandemia Covid-19. Questa determina forme nuove di utilizzo delle infrastrutture e ci obbliga a pensarle slacciate dalla globalizzazione. Fino a ora ne erano un elemento di spinta strutturale, basti pensare al termine «aerotropoli» il cui significato indica parti importanti di metropoli cresciute rapidamente e in forma abnorme attorno ad aeroporti per favorire la connettività globale. È il caso per esempio degli aeroporti Incheon (Seul) e O’Hare (Chicago).
Sono le città globali a essere maggiormente attaccate dal Covid-19. Le immagini simbolo di New York, Milano, Wuhan appaiono eloquenti (ma lo stesso potrebbe dirsi per Londra e Parigi). Luoghi emblema come Time Square, London Eye, Wuhan Center, Piazza Duomo, centri cardine della globalizzazione prima e dopo il lockdown sembrano simbolicamente segnare il passaggio tra globalizzazione e slowbalization.
Vi sono due elementi da considerare. Uno è più generale e teorico, l’altro è più una considerazione empirica in evoluzione.
Il primo: sono le città più globali ad alta connessione (GNC – Global Network Connectivity) le più esposte alla trasmissione del Covid-19, anche se siamo all’interno di uno sviluppo asimmetrico della pandemia. Essa ha riguardato alcune regioni geopolitiche e meno altre, e in questo entrano in campo anche altre variabili complesse (regimi governativi, culture organizzative, trasparenza e comunicazione corretta del dato ecc.). È però indubbio che come fattore di sintesi vi possa essere il principio che le grandi città siano quelle principalmente colpite dal Covit-19 per via della loro elevata densità e il maggior numero di contatti interpersonali. Tuttavia l’elemento con maggior influenza sulla slowbalization è proprio la connettività.
Il lockdown imposto in mancanza di antidoto farmacologico colpisce principalmente una parte significativa della funzione di connessione della global city. I luoghi deputati quali centri di incontro e di elaborazione e ricerca, quali uffici o aeroporti, con il lockdown totale o parziale rimarranno bloccati, polverizzati o necessiteranno di altre forme comunicative e di interconnessione. Gran parte della tecnologia spesso non è stata ideata per questa evenienza e funzione.
Passando al secondo elemento, la considerazione più empirica deriva da un commento preliminare di dati che fissano un’istantanea (ferma ad aprile 2020), passibile di sicura evoluzione. Emerge come, nonostante periodi diversi nell’affrontare la pandemia, essa finisca principalmente per esporre le più rappresentative developed global city occidentali a una maggiore criticità. Città come Londra, Madrid e Parigi, che rappresentano rispettivamente il 15,9, il 14,1 e il 18 per cento della popolazione dei rispettivi Paesi, hanno rappresentato il 25,1, il 27,2 e 21,2 per cento del totale dei contagiati di quei Paesi. Gli stessi dati si riscontrano a New York (2,5 per cento della popolazione americana ma 17,7 per cento di contagi totali); Chicago (1,6 per cento; 3,1 per cento); Milano (5,4 per cento; 8,8 per cento) e soprattutto la Lombardia (16,7 per cento; 37,2 per cento). Non si tratta di una relazione lineare: più abitanti uguale più contagiati da Covid-19; ma laddove vi è un centro nevralgico di città globale si determina una maggior rapidità del contagio che poi è un ulteriore elemento che contribuisce a prolungare il lockdown contribuendo a creare slowbalization.
Con il Covid-19 qualche cosa si è rotto nella globalizzazione. Le infrastrutture urbane hanno subito un’implosione inaspettata, tanto da scuotere il concetto di globalizzazione che ne caratterizzava la forma e l’evoluzione. Già in altre fasi della globalizzazione le città avevano assistito a rapide trasformazioni, e attorno a queste le infrastrutture avevano cambiato forma e organizzazione, assumendo un’importanza nuova nel modellare le metropoli globali. Queste, soprattutto attraverso le formule innovative di public-private partnership (PPP), avevano avuto il ruolo di raccordare la finanza e il real estate nella rapida sostituzione di vecchie funzioni urbane obsolete, trasformandole in un vantaggio competitivo di tipo globale.
Gli incastri di quella trasformazione erano apparsi all’inizio deboli, molti apparivano gli incagli, ma poi la direzione da intraprendere è apparsa più decisa, seppur tra evidenti e rilevanti contraddizioni e significative esclusioni economiche ma soprattutto sociali.
Ora le infrastrutture urbane sono chiamate a cambiare rapidamente la loro «forma identitaria» perché vengono momentaneamente meno alcuni elementi basilari di tipo spaziale: l’organizzazione del lavoro; l’organizzazione della famiglia; i collegamenti inter-infra organizzativi. Specialmente le infrastrutture urbane hanno subito una radicale revisione, come l’hanno subita tutti gli spazi e i luoghi collettivi, determinata da una variabile non considerata e ritenuta banale come un impercettibile virus grande 80-160 nani millimetri.
A entrare in crisi sono quelle infrastrutture che hanno fatto della massificazione (agglomerazione sociale) la loro specificità ed efficacia (redditività). Il riferimento è ad alcune tipologie di trasporti (per esempio i trasporti metropolitani di diverso tipo, aeroplani e aeroporti) o università attrattive collocate nelle maggiori global city. Ma lo stesso può essere detto per le scuole e altri servizi collettivi. Vi è invece una tendenza opposta per gli ospedali, e questo non è un segnale positivo, indice di una pandemia non diversamente controllata e gestita.
Le infrastrutture che ora sembrano entrare più in crisi economica e di identità sono quelle che per funzionare devono vedere la presenza di più persone tra loro in interazione fisica e corporea. È il contatto fisico-sociale a essere diventato altamente critico. All’opposto le infrastrutture che prima erano utilizzate per il trasporto di flusso di dati ed informazioni (IL 5G) risultano notevolmente potenziate.
Sono cresciute a dismisura le infrastrutture onnipresenti, differenti da quelle fisiche, di tipo tradizionale e di tipo sociale (a canone pubblico) e alcune economiche (a tariffa). All’interno delle infrastrutture onnipresenti vi è lo sviluppo della tecnologia, del ICT, dell’evoluzione al 5G, delle app. Pensiamo all’app Immuni (anch’essa infrastruttura onnipresente) di estrema importanza nel regolare il contatto e il flusso delle persone e in grado di segnalare i contagi e tracciare i contatti tra soggetti e gruppi. La connettività globale si polverizza e si riduce a dinamica di gruppo stanziale. Oltre al virus è la tecnologia che ordina, gerarchizza e seleziona – per un tempo si spera contenuto – ma che fa passare la globalization alla slowbalization.
Gli spazi pubblici e quelli collettivi, assieme alle infrastrutture, rendevano fino a tutto il 2019 gli spazi privati (gli alloggi) addirittura secondari, e se fosse stato possibile liquefare gli edifici privati sarebbe comunque rimasta una quantità di cavi, tubi, sistemi infrastrutturali, fluidi ed impulsi connettivi. Con la slowbalization nelle abitazioni private, oltre alla funzione di consumo, i terminali diventano esponenzialmente sistemi di produzione, proponendo forme diverse di infrastrutture. Anche se letto con il senno di poi poteva apparire profetica la pubblicità sulla tecnologia cinese sul 5G in grado di robotizzare gli alloggi/appartamenti: «Hey London, 5G is in the house, is here to raise the roof», uno spot che ha inondava Londra alla fine del 2019 prima del palesarsi del Covid-19.
In definitiva si tratta ora di ridisegnare sia il perimetro dello Stato e del mercato attorno alle infrastrutture urbane sia di rivedere la gerarchia e la tipologia di infrastrutture urbane fisiche. Bisognerà inoltre ripensare un nuovo intreccio tra quelle economiche e quelle sociali e le interconnessioni di queste con le infrastrutture onnipresenti. Si porrà il problema di chi dovrà controllare e finanziare questa revisione facendo attenzione a possibili e preoccupanti default. Con la slowbalization vi è il ridisegno della geopolitica, del mercato e del rapporto più generale con lo Stato. Verrà modificato il DNA delle famiglie intese come universo sociale, economico, produttivo e riproduttivo. Infine, dovrà esservi un diverso significato di perimetro e confine di azienda. Siamo all’inizio o è solo la fine dell’inizio? Troppo presto per un giudizio definitivo. Il dopo, comunque, non sarà più come prima.