Sotto la lente

Il new normal della cultura passa (anche) dal digitale

I teatri hanno ripreso a popolarsi e ormai è imminente l’innalzamento della percentuale della capienza a volumi sempre più prossimi alla full capacity; anche i musei hanno iniziato la risalita a una capienza sempre maggiore, grazie al controllo del green pass. 

 

Studi sugli effetti del Covid sia sulla produzione sia sul consumo nell’ambito delle aziende creative sono stati condotti in modo più o meno diffuso in ogni Paese. Ciò che è emerso è sostanzialmente una differenza sostanziale tra le realtà (come quella italiana) dove lo Stato ha supportato direttamente o indirettamente le istituzioni culturali anche senza visitatori o pubblici rispetto a Paesi, come gli Stati Uniti, dove il sostegno economico a musei e teatri proviene quasi interamente da donazioni e vendita di biglietti. 

 

Quest’ultimo approccio ha condizionato indubbiamente la capacità di superamento della crisi. Lo ha condizionato a tal punto che, in alcuni casi, per finanziare la spesa corrente (stipendi) i direttori di musei negli Stati Uniti hanno dovuto ricorrere alla vendita all’asta di opere d’arte della collezione o comunque ricercare fonti alternative di ricavi,  (come la vendita di esperienze di visita online o streaming on demand di concerti e opere) come comunicato recentemente dal Metropolitan Museum of Arts (MET) di New York che ha avviato una campagna di deaccesioning per 1 milione di dollari. Il motivo è semplice: moltissimi dei privati e delle fondazioni che sostengono il MET hanno vincolato il loro supporto a programmi di acquisizione, ossia i fondi versati devono servire per comprare nuove opere e non per finanziare spese correnti. Nessuno, in altre parole, finanzia il museo per le sue attività di funzionamento. 

 

Ovviamente anche in realtà dove il supporto delle istituzioni culturali è tipicamente privato c’è stato uno sforzo notevole da parte dello Stato per fronteggiare gli effetti dell’eccezionale crisi da Covid-19. Il Congresso degli Stati Uniti, infatti, ha presentato un pacchetto di aiuti economici da 2,2 trilioni di dollari – noto come Coronavirus Aid, Relief, and Economic Security Act (CARES) – che include il supporto tanto necessario per i musei e le istituzioni culturali americane. Ma anche in questa occasione è stato il movimento privato delle fondazioni e dei donatori singoli a sostenere le istituzioni: il 2 aprile 2020, il J. Paul Getty Trust, una delle istituzioni d’arte più ricche del mondo, ha annunciato la sua intenzione di assegnare 15 milioni di dollari in aiuti finanziari agli artisti e alle organizzazioni artistiche di Los Angeles, sotto forma di sovvenzioni da 25.000 a 200.000 dollari. Distribuita attraverso la California Community Foundation, l’iniziativa pandemica di The Getty include 10 milioni di dollari stanziati specificamente per le istituzioni artistiche di piccole e medie dimensioni della città di Los Angeles, per aiutare a coprire i costi operativi e le mancate entrate. 

 

In casi invece dove la Pubblica Amministrazione centrale o periferica ha garantito (come è di fatto avvenuto) una contribuzione a piè di lista sostanzialmente come avveniva in anni pre-Covid, a mancare è stato un ripensamento del modello di business o uno sforzo per individuare nuove forme di sostentamento. È quindi aumentato il divario digitale tra quelle organizzazioni che avevano precedentemente investito in infrastrutture tecnologiche e quelle che non lo avevano fatto. E questo ha incluso, per esempio, l’incapacità di continuare a lavorare da casa, di raccogliere fondi (per lo sviluppo tecnologico) e di attirare pubblico attraverso i canali digitali. Sono poche le istituzioni culturali di questo secondo gruppo che sono riuscite a studiare durante il lockdown il modo migliore per raggiungere comunità diverse senza lo spazio fisico a disposizione. In tale senso, un’azione indubbiamente interessante potrebbe essere quella di condividere i casi di innovazione digitale di grande impatto tra le industrie creative, poiché la solidarietà tra le varie organizzazioni culturali può essere un aspetto rilevante.  

 

Se da un lato, quindi, il ripensamento delle normali logiche di business avrebbe dovuto essere una delle azioni principali da intraprendere da parte delle organizzazioni culturali durante il lockdown, va sottolineato come questo approccio, alla luce di ogni tipo di analisi condotta tra manager di teatro e musei, vada circoscritto a un contesto specifico di crisi. Il digitale, infatti, potrebbe essere meraviglioso canale di creazione di nuove esperienze online per il pubblico in isolamento, da affiancare, a sua integrazione, all’esperienza live, non potendo sostituire l’ascolto di musica dal vivo, l’osservazione da vicino di un quadro o una visita tra i reperti archeologici. 

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