Il Meglio del Piccolo

Il gusto unico dell'avventura

 

Ancora una puntata sul passaggio generazionale e sui giovani indecisi ad entrare nell'azienda di famiglia. Vi propongo una testimonianza ricca di spunti e di verità. Sì perchè fare l'imprenditore è davvero un'avventura, è un viaggio, intrapreso da persone, con una loro storia, i loro limiti, ma anche con un enorme potenziale. Leggete e poi, la prossima volta, proveremo a dare qualche indicazione per trovare l'orientamento.

 

Buongiorno Professoressa, 

spero di trovarla bene ed energica come sempre.  

Sono un suo ex studente, inserito ormai da due anni nel mondo del lavoro milanese, e come tanti figli di piccoli imprenditori sono alle prese con l’importante tema del passaggio generazionale. Mi permetto di scriverle, colpito dalla lettura del suo articolo “SOS PMI”, per condividere con lei alcune mie personali riflessioni. Spero che queste possano aiutare me stesso e tanti altri colleghi a fare maggiore chiarezza intorno a questo tema.  

Lo scorso martedì, giornata in cui il suo articolo ha colto la mia attenzione sulla bacheca di Linkedin, sono rimasto particolarmente trasportato dalle sue parole, ed ho presto capito come la mia situazione sia più comune di quanto pensassi. La sola sensazione di non essere il solo ad affrontare questo pesante dilemma ha sollevato il mio morale e dato nuove preziose energie.  

Non ho potuto fare a meno di condividere immediatamente l’articolo con il mio carissimo amico P., anche lui suo ex studente, ora in cerca di fortuna all’estero. Proprio pochi giorni prima abbiamo affrontato una lunga conversazione telefonica, come siamo soliti fare, sviscerando tutti i nostri dubbi e speranze per le relative piccole attività familiari di provincia. Entrambi ci troviamo nella stessa condizione di Mario, affascinati dalla travolgente vita delle capitali Europee ma, al contempo, tormentati dall’idea di “abbandonare” una fedele fidanzata che ci ha accompagnato nella nostra crescita giorno dopo giorno. 

Mentre le scrivo questa email sto rientrando in treno dalla “lontana” provincia, ripercorrendo quello che è stato il triste destino del mio weekend riassumibile con: “solite cose, nei soliti posti, con la solita gente”. In questo momento, dunque,  capisco perfettamente lo sconforto e la tristezza che affligge Mario nell’immaginarsi la sexy fidanzata divertirsi tra eventi mondani e feste nella capitale. Temo che il profondo timore che la monotona formula magica appena descritta si trasformi nel nostro quotidiano non appena messo piede dentro alla azienda di famiglia, sia un fantasma che tormenti tanti di noi giovani abituati ad una vita piena di stimoli e cambiamenti continui. 

Credo che la soluzione al dilemma del passaggio generazione debba partire da alcune semplici domande. Se la vita di provincia appare come una condanna, allora la scelta è chiara. Eppure, perché siamo qua a fare questo cinema? La scelta di Mario è riconducibile al solo senso di responsabilità nei confronti delle precedenti generazioni, oppure c’è qualcosa di più? 

Partendo proprio da qui, ho provato a dare una mia personale visione. Ci tengo però prima a fare una necessaria premessa. 

Come ogni storia irrisolta tormenta il sonno dell’innamorato con mille domande, noi tutti saremo sempre vittime dell’eterno dubbio “e se avessi fatto diversamente?”. Facendo così saremo sempre eterni “confusi”, spaventati dal terribile giudizio negativo di una ambizione personale che ci spinge a voler fare della nostra vita qualcosa di speciale. Ognuno ha la sua croce e credo che la “paura di non vivere a pieno la vita” sia quella che caratterizzi noi ambiziosi. Reputo però che questa giusta speranza o tendenza non debba trasformarsi nella “paura di sbagliare e gettare via la propria vita”, così forte e spaventosa da generare in noi una perenne indecisione o, peggio, ignavia.  

Nessuna delle scelte fatte è irreversibile e non esiste il giusto o lo sbagliato. Questa esperienza, anche nel caso in cui Mario possa reputarla inutile, sarà stata comunque importantissima per conoscere meglio ciò che Mario ama realmente.   

Scacciato dall’orizzonte il terrorizzante concetto di “errore”, credo che la metafora introdotta da Mario, ovvero quella di scelta tra fedele matrimonio e vita da Don Giovanni, abbia colto in pieno il tema. Quello che forse mi sento di non condividere sono le modalità con le quali stiamo analizzando il dubbio.  

 

Cosa sarà che ci spinge ad amare una donna bassina perduta?

Credo che la decisione che siamo chiamati a compiere abbia una componente passionale preponderante e temo che l’utilizzo della razionalità, tanto cara a noi bocconiani, questa volta non possa essere di aiuto. Come mi immagino che Mario non scelga la propria amata a partire da un catalogo, ma guidato dai propri sentimenti, ritengo sia opportuno domandarsi come lo facciano sentire le due “pretendenti”. Per citare il sommo Lucio Dalla, bisogna chiedersi “cosa sarà che ci spinge ad amare una donna bassina perduta?”. Ovvero, quali sono le ragioni che ti spingono a compiere una scelta che razionalmente può apparire senza senso? 

La risposta che darei io è: l’avventura. 

Per quanto forse controintuitivo se paragoniamo la vita di città con quella di paese, reputo che tu abbia visto nella “addormentata” di provincia una bellissima principessa che aspetta solo di essere svegliata. Hai visto una sfida, un modo per mettersi in gioco. La possibilità di risvegliare una bellezza nascosta. Un viaggio, intrapreso da persone e non numeri, con una loro storia, i loro limiti, ma anche un enorme potenziale. E come in ogni storia che si rispetti, ci saranno sempre gli ostacoli da superare, e sta in questo la bellezza della trama. Forse maggiore è la difficoltà e la sfida che si ha di fronte, e maggiore sarà la soddisfazione del traguardo raggiunto. 

 

Il primo tesserato del circolo SOS PMI

Il mio consiglio è dunque non demordere, affronta quelli che sono gli ostacoli che ti separano dalla tua amata, e corrile incontro.  

Ma se, una volta superati gli attriti con i tuoi familiari e aver messo in campo il meglio delle tue risorse senti che la fiamma d’amore non arde, allora ti consiglio di lasciare perdere. Tutto ciò non sarà “tempo sprecato” perché avrai creato una bellissima realtà da cedere ad un nuovo amante, avendo acquisito una nuova e profonda consapevolezza. Quello a cui faccio riferimento è la possibilità di capire realmente se l’imprenditorialità è quello che fa per te. La fiamma che arde è qualcosa che, come ci insegnava la nostra Professoressa, “non può essere insegnato all’università”. Quella passione irrazionale che ti spinge a cercare una avventura fatta di alti e bassi, come ogni matrimonio che si rispetti, è qualcosa che si ha o non si ha. Quella fiamma e quella sfida è ciò che per tanti rende una vita degna di essere vissuta.  

Ma, per capirlo è importante che al Mario imprenditore si dia una vera chance.  

Volendo essere più pragmatici, consiglierei a Mario di darsi ancora del tempo. Proverei a chiarire che per lui è necessario avere la libertà di mettere in gioco le sue risorse per poter capire se questo è il lavoro che realmente ama. Alternativamente, farei presente che tutto questo tentativo perde di significato non avendo modo di provare la vita da imprenditore e cadendo sempre più nella trappola di pensare di aver “sbagliato”. Sono convinto che, se ne avrà la possibilità, Mario scoprirà che la scelta fatta è stata guidata molto più dalla fiamma della passione piuttosto che dal razionale senso di responsabilità. 

Vorrei poter scrivere che un finale positivo alla storia di Mario, a quella del mio amico Patrizio o alla mia. La verità è che non è possibile ancora saperlo, ma questo giallo mi appassiona sempre più.  

L’ episodio mi ha fatto pensare che di belle storie come quella di Mario ce ne siano tante, ognuna con le sue peculiarità, ma tutte con il medesimo protagonista: dei giovani indecisi che vogliono costruire qualcosa di grande con le loro vite.  

Sottolineo la parola “indecisi” perché vorrei proporle di creare realmente un circolo di giovani, ma non “confusi”; indecisi. Indecisi perché il dubbio è molto chiaro, ma forse quello che ci manca è qualcuno con il quale confrontarci.  

Come ogni innamorato chiede consiglio all’amico, vorrei che questo circolo possa essere un modo per scambiarsi opinioni, punti di vista, finali con lieto fine o drammatici. Il tutto per avere a disposizione una bussola con la quale orientare un gruppo giovani indecisi a scrivere il finale che desiderano realmente alla loro storia.    

 

Nel ringraziarla per aver dato voce a Mario, le chiedo se ritiene realizzabile questo progetto. In caso affermativo, le chiedo il piacere di poter sottoscrivere la prima tessera. 

 

Grazie mille nuovamente, 

A.

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