Consumi & costumi

Una questione di fiducia

Tra percezioni e realtà, le dinamiche sono più complesse di quanto la narrazione dominante sulla «crisi di fiducia» lascia immaginare

Il trend

Viviamo una crisi di fiducia: verso le istituzioni, la politica, i media, le aziende e persino verso le altre persone, in maniera indistinta. O almeno così vuole la narrazione prevalente nei mezzi di informazione, e condivisa dagli stessi cittadini. Se si guarda più attentamente ai sondaggi di opinione, tuttavia, il quadro è più sfumato. È vero, nella maggior parte dei Paesi i livelli di fiducia oggi sono decisamente bassi. Ma lo sono da decenni, e in alcuni casi si registra anzi una leggera risalita. Forse, allora, la novità è un’altra: messe in discussione dalle sirene del populismo, sono le élite politiche ed economiche ad aver perso sicurezza riguardo al proprio ruolo e a essere diventate più attente che in passato alle percezioni dei propri concittadini.


A far luce su queste dinamiche certamente «complesse» è il recente report di Ipsos Mori Trust: The Truth?. La percezione di un crollo della fiducia negli ultimi anni sembra condivisa a livello globale: da un sondaggio condotto tra 17.000 adulti di 24 paesi nell’ottobre 2018 è risultato che oltre la metà degli intervistati dichiarava di aver notato un calo di fiducia tra i concittadini verso il governo (59 per cento) e la stampa (53 per cento), quasi la metà (44 per cento) verso le aziende.


Eppure, specie in Europa, le evidenze sono contrastanti. In Germania, per esempio, la percentuale di persone che dichiara fiducia verso i partiti politici è quasi raddoppiata tra il 2001 e il 2018 (dal 16 al 31 per cento). In Francia è diminuita, ma i livelli di partenza era già bassissimi: si è passati dall’11 al 6 per cento. A crescere in modo molto marcato in entrambi i casi è stata la fiducia nella polizia (+ 15 per cento in Germania, + 21 per cento in Francia) e nell’esercito (+11 per cento in Germania, +21 in Francia). Nella gran parte dei Paesi, inoltre, la fiducia verso gli altri tende a restare stabile (in Italia è passata dal 20 per cento del 2002 al 21 del 2016) o crescere.


Il quadro sembra in parte differente negli Stati Uniti: qui si registra un calo della fiducia verso tutte le principali istituzioni, tanto pubbliche (Congresso, esecutivo federale, sistema di istruzione) quanto private (grandi aziende, banche, televisione). A diminuire è anche la fiducia tra concittadini (dal 35 per cento del 2000 al 31 per cento del 2018): una reale crisi di fiducia che sembra essere legata alla fortissima polarizzazione della società statunitense, ai limiti di una vera e propria «tribalizzazione».

Alcuni punti salienti

Pressoché ovunque, i governi e la politica fanno registrare i livelli più bassi di fiducia (solo il 14 per cento degli intervistati nel 2018 a livello globale li considerava abbastanza o molto degni di fiducia). Ma il giudizio è più positivo per i servizi pubblici (degni di fiducia secondo il 26 per cento), con significative differenze tra Paesi: dove la corruzione è più diffusa (è il caso di molti Paesi latinoamericani), i livelli sono più bassi.


Tra le imprese, a essere considerate maggiormente degne di fiducia sono quelle tecnologiche (39 per cento), seguite dalle agroalimentari (25 per cento) e farmaceutiche (26 per cento, ma con più elevati livelli di opinioni negative). Meno positive le percezioni delle aziende bancarie (degne di fiducia secondo il 20 per cento degli intervistati), energetiche (18 per cento) e i media (18 per cento).


Le motivazioni per cui si tende a considerare un’organizzazione degna di fiducia sono molteplici, spaziando da leadership e competenza alle motivazioni di fondo e correttezza dell’operato. Così, per esempio, le banche fanno registrare livelli di fiducia elevati sulla prima coppia di indicatori e bassi sulla seconda, mentre una situazione inversa si riscontra per i servizi pubblici.


L’importanza attribuita ai vari «driver» della fiducia varia in modo rilevante a seconda dei Paesi: significativa l’importanza riconosciuta alla competenza dagli intervistati italiani, che– almeno a parole –dimostrano inoltre particolare fiducia verso gli scienziati (67 per cento, rispetto al 52 della Germania e al 40 del Giappone).

Il commento

La fiducia è un fattore fondamentale, non solo per la coesione sociale e la salute della democrazia, ma anche per il buon funzionamento delle dinamiche economiche. L’impressione diffusa è che negli ultimi anni ci sia stato un calo generalizzato della fiducia verso la politica, le istituzioni, e in generale verso le élite, in un quadro di crescente scetticismo rispetto alle competenze. Questo fenomeno viene messo in relazione con il crescente successo dei partiti populisti e anti-sistema. È lo spirito del nostro tempo, il «populist zeitgeist», secondo la definizione del politologo Cas Mudde. Il report di Ipsos Mori Trust: The Truth? ci offre un quadro più complesso e meno pessimistico. Al netto delle percezioni diffuse degli individui sulla presenza di un calo della fiducia nella società –confermate dallo studio – non sembra esserci in realtà un declino di fiducia spinto e generalizzato in tutti i Paesi. Anzi, ve ne sono alcuni in cui la fiducia verso le istituzioni e la politica è in crescita. È il caso della Germania e di altri Paesi del Nord Europa che hanno reagito meglio di altri alla crisi economica recente. È un segnale di come il rapporto tra fiducia ed economia sia in realtà bidirezionale. Se è vero che la fiducia è importante per l’economia, è altresì vero che un sistema economico che produce risultati soddisfacenti in termini di crescita, benessere diffuso e opportunità alimenta la fiducia stessa, in un circolo virtuoso.

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