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Quali politiche economiche per la gestione dei rifugiati?

Il trend

Il dibattito sulla gestione dei flussi migratori e sulle politiche in materia di asilo e di inclusione sta acquisendo sempre più rilevanza sia a livello nazionale sia comunitario. A tal proposito, nel 2021 gli Stati membri dell’UE hanno rinnovato fino al 2027 il Regolamento (UE) 2021/1147 che istituiva, tramite un investimento da 9,8 miliardi di euro, il «Fondo asilo, migrazione e integrazione». Con questo strumento, l’UE mira a «rafforzare e sviluppare tutti gli aspetti del sistema europeo comune di asilo, compresa la sua dimensione esterna; sviluppare la migrazione legale verso gli Stati membri dell’Unione; promuovere e contribuire all’integrazione e all’inclusione sociale; contribuire a combattere la migrazione irregolare e favorire rimpatri e riammissioni sicuri e dignitosi; migliorare la solidarietà e l’equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri».  

Il tema dei rifugiati è tornato alla ribalta a seguito della guerra in Ucraina, a causa della quale 4,7 milioni di ucraini hanno ottenuto la protezione temporanea o misure analoghe dai Paesi dell’UE. L’attuale emergenza, oltre alle problematiche di natura politica e finanziaria, solleva interrogativi sulla gestione sociale dei rifugiati.  

A questo riguardo, due recenti report Ipsossui rifugiati e sulla loro accoglienza – forniscono informazioni interessanti sulle opinioni prevalenti in 28 Paesi, compresi alcuni dell’UE. In particolare, pare che la crisi in Ucraina stia favorendo un atteggiamento di apertura nei confronti dei rifugiati, laddove la maggioranza degli intervistati si dice favorevole a politiche di accoglienza del proprio Paese nei confronti delle persone in fuga dalla guerra. 

Alcuni punti salienti

Il tema dei rifugiati è trasversale a tutti e 28 i Paesi oggetto dell’indagine Ipsos. Alla radice della scelta di abbandonare il proprio Paese ci possono essere motivi di sicurezza, legati a guerre e carestie, economico-sociali, lavorativi, politici, climatici.  

L’atteggiamento generale di apertura nei confronti dei rifugiati (3 persone su 4 sono favorevoli all’accoglienza) è tuttavia maggiore per i rifugiati di guerra (64 per cento) rispetto a coloro che fuggono da condizioni di discriminazioni etniche, di genere o di convinzioni politiche (rispettivamente 41, 38 e 35 per cento).  

La questione del lavoro vede opinioni più sfumate tra chi ritiene che i rifugiati debbano poter lavorare, al fine di migliorare l’integrazione, e chi crede che tale possibilità possa incentivare l’immigrazione di persone senza una genuina necessità di asilo. Infine, la maggior parte delle persone ritiene che la responsabilità dell’accoglienza sia da condividere a livello internazionale, ma c’è disaccordo su quali Paesi se ne dovrebbero far carico: tutti i Paesi (33 per cento); solo i più ricchi (30 per cento); quelli nella stessa area geografica da cui provengono i rifugiati (16 per cento). 

Un dato per certi versi sorprendente riguarda l’opinione sui numeri dell’accoglienza: una persona su tre ritiene, per lo più erroneamente, che il proprio Paese sia tra i primi tre per rifugiati accolti. D’altra parte, solo il 37 per cento degli intervistati ha indicato correttamente almeno uno dei tre Paesi che accolgono di più, ovvero Turchia, Colombia e Stati Uniti, menzionati rispettivamente dal 15, dal 5 e dal 26 per cento dei rispondenti. 

In Italia le opinioni sui rifugiati sono nella maggioranza dei casi in linea con la media dei 28 Paesi nel panel dell’indagine – l’80 per cento è favorevole all’accoglienza, il 59 ritiene che gran parte dei rifugiati si possa integrare nel Paese d’accoglienza e un italiano su due crede che i rifugiati apportino un contributo positivo – ma si registra una sproporzione tra la percezione dei rifugiati accolti e il loro numero effettivo. Quasi una persona su 6 ritiene che l’Italia sia tra i 3 Paesi che accolgono di più, quando in realtà si classifica alla 35a posizione. Il dato è ancora più notevole se si considera il dato nazionale: tra gli italiani che hanno indicato l’Italia come uno dei 3 Paesi più accoglienti, quasi la metà (48 per cento) ritiene che sia il Paese che accoglie più rifugiati in assoluto. 

Tale primato appartiene invece alla Turchia, dove la maggioranza delle persone intervistate, che sono tendenzialmente più informate sulla situazione del Paese, pur essendo favorevole in linea di principio all’accoglienza (66 per cento) riterrebbe opportuno chiudere le frontiere e non accettare ulteriori rifugiati (76 per cento) e diminuire la spesa pubblica per il supporto ai rifugiati nel mondo (69 per cento). 

Tra i Paesi più favorevoli all’accoglienza di rifugiati troviamo invece il Brasile, dove l’86 per cento è favorevole all’accoglienza e il 66 ritiene che i rifugiati apportino un contributo positivo al Paese, mentre solo il 17 per cento – il dato più basso del panel – pensa che le frontiere andrebbero chiuse.  

Un aspetto di notevole interesse riguarda, infine, l’influenza della crisi in Ucraina sulle opinioni degli intervistati, con quello a cui il report si riferisce come «halo effect», che ha generato una sostanziale crescita degli atteggiamenti favorevoli nei confronti dei rifugiati dallo scoppio della guerra. Detto questo, ad oggi sono ancora gli ucraini a ricevere il più alto grado di supporto: il 54 per cento degli intervistati a livello globale si dice favorevole a una loro maggior accoglienza, livello ineguagliato dai rifugiati di Siria (32 per cento), Myanmar (31 per cento), Afghanistan e Venezuela (30 per cento) e Sudan del Sud (27 per cento). Solamente in Arabia Saudita e in Malesia il supporto all’accoglienza dei rifugiati ucraini (rispettivamente 44 e 18 per cento) è superato da quello ai rifugiati siriani (59 e 24 per cento).

Quali politiche economiche per la gestione dei rifugiati?

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