Cantieri di ricerca

Quattro strade per introdurre l’AI in azienda

L’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi delle imprese italiane di medio-grandi dimensioni non è fatta da aziende che costruiscono in casa sofisticati modelli proprietari, con team di data scientist dedicati. Una ricerca condotta da SDA Bocconi School of Management con SAP racconta, al contrario, che la via più percorribile è affidarsi al sistema dell’offerta tecnologica.

 

Sono i fornitori di software e le piattaforme digitali a rendere possibile l’adozione dell’AI, fungendo da mediatori in un mercato che evolve con estrema rapidità.

 

Una competenza aziendale fondamentale è saper navigare il sistema dell'offerta tecnologica e trovare soluzioni capaci di integrare moduli intelligenti dentro strumenti già in uso.

Le domande

Il punto di partenza della ricerca è la tensione che caratterizza l’attuale fase dell’AI: fortissimo interesse e pressione competitiva da un lato, poca chiarezza, ambiguità tecnologica e necessità di massa critica rilevante per poter approcciare il tema dall’altro. Molte imprese hanno dati non completamente solidi e sistemi ancora frammentati, ma sentono l’urgenza di “esserci” nel mondo dell’intelligenza artificiale.

 

Gli autori si sono chiesti: come stanno effettivamente procedendo le aziende italiane? E quali responsabilità organizzative e tecnologiche derivano da queste scelte?

Lavoro sul campo

La ricerca ha coinvolto 16 imprese italiane di medio-grandi dimensioni, attraverso case study, interviste a manager e analisi comparativa. Ne emerge un panorama variegato: l’AI viene sperimentata nella progettazione di nuovi prodotti, nella gestione della supply chain, nel marketing e nel customer service, ma anche nei processi amministrativi, nell’IT e nelle risorse umane.

 

I benefici ricercati sono soprattutto maggiore efficienza nei processi; riduzione dei costi e degli errori; scalabilità e produttività; migliore esperienza del cliente.

 

La parte più interessante riguarda però i modelli organizzativi di implementazione. Lo studio ha individuato quattro archetipi di adozione:

 

  • Infused AI, con moduli già incorporati negli ERP, dove gran parte delle responsabilità resta in capo al fornitore.
  • AI on demand, in cui gli strumenti esterni vengono usati senza integrazione nativa, con potenziali rischi di governance, ma con l’aspetto positivo di flessibilità nella scelta degli strumenti di mercato e possibilità di evoluzione .
  • Interfaced AI, basata su moduli verticali che interagiscono nativamente con i sistemi aziendali.
  • Hybrid architecture, in cui moduli di intelligenza artificiale si interfacciano con una architettura ibrida composta da sistemi gestionali differenziati.

 

Questi archetipi non sono alternative equivalenti: a cambiare sono i livelli di responsabilità e presidio richiesti all'azienda che adotta le soluzioni e dall'altro lato il livello di customizzazione che si può ottenere. Più si va verso soluzioni complesse e personalizzate, più cresce l’onere di governance in capo all’azienda.

Guardando avanti

La lezione per i manager è duplice. Primo, l’AI non può essere un “cerotto” per sistemare processi mal disegnati: senza dati puliti e architetture coerenti si rischia di innescare un circolo vizioso.

 

Secondo, l’adozione richiede un percorso graduale e bilanciato:

 

  • approccio incrementale, iniziando da progetti nativamente coerenti con le priorità di business;
  • governance bilanciata, con l’IT a presidiare sicurezza e compliance e le funzioni di business libere di sperimentare;
  • investimenti in cultura e competenze, per accompagnare le persone nell’uso critico degli strumenti.

 

Infine, il ruolo dei provider è tutt’altro che marginale: in un mercato in cui i player cambiano di continuo, avere un fornitore capace di integrare progressivamente nuove soluzioni è ciò che può aiutare le aziende a tradurre l’hype in valore duraturo.

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