Sulla trasformazione digitale le ricerche in ambito sia accademico sia professionale presentano due grandi carenze. La prima è che non sono basate su evidenze empiriche ma su esperienze soggettive e su risultati generali, senza prove di impatto finanziario scientificamente convalidate; la seconda è che assumono come punto di partenza start-up di successo, elevando la singolarità di alcuni casi specifici a modello descrittivo per l’intero variegato panorama delle piattaforme digitali oppure sfruttano casi aneddotici e sondaggi anonimi, con prove fattuali in ogni caso insufficienti.
La ricerca Digital Payday: Towards Better Understanding the Market Value Implications of Digital Transformation for Large Corporates ha evidenziato i limiti di questo approccio che rischia di falsare la corretta interpretazione del contesto e minare possibilità di sviluppo future per aziende di grandi dimensioni.
I dati parlano chiaro: nel 2019 gli investimenti nella trasformazione digitale erano considerati estremamente rischiosi, e comparivano al primo posto tra i motivi di preoccupazione di dirigenti e amministratori delegati. Percezione più che fondata se pensiamo che il 70 per cento di tutte le iniziative di trasformazione digitale avevano mancato quell’anno gli obiettivi prefissati: dei 1,3 trilioni di dollari spesi, circa 900 miliardi erano infatti andati sprecati.
A partire da queste osservazioni, abbiamo sviluppato una nuova definizione, più completa, di trasformazione digitale, in grado da un lato di attivarsi in modo proattivo o reattivo per acquisire o mitigare i driver di domanda e offerta (già visibili o attesi) correlati alla tecnologia; dall’altro di supportare nuovi modi di fare business basati su opzioni strategiche reali, per sviluppare nuove capacità e processi e costruire relazioni all’interno dell'azienda o interfacce con altre aziende.
Il modello teoretico proposto nella ricerca integra un approccio empirico e pragmatico con attività di advanced analytics, mediando tra prospettiva manageriale e visione scientifica. Ne risulta un framework basato sui dati (finanziari), che si fonda sull’esperienza e sfrutta i recenti progressi nell’analisi ed elaborazione del linguaggio naturale. Una volta definito, questo nuovo framework teoretico è stato testato su quattro ipotesi operative relative all’impatto della digital transformation sul valore di mercato delle aziende. I risultati confermano sostanzialmente tutte le ipotesi fatte a valle:
- le grandi società quotate includono sempre più nei loro report «replicable references» (elementi non sequenziali ma che possono influenzarsi a vicenda) relativi alla trasformazione digitale;
- le grandi società quotate scelgono di usare nei loro report un approccio conservativo nel formulare «replicable references» relativi alla trasformazione digitale, con una predominanza di dichiarazioni qualitative su quelle quantificate;
- il grado di rilevanza dei «replicable references» relativi alla trasformazione digitale nei report delle grandi società quotate è specifico del contesto aziendale;
- per le grandi società quotate la rilevanza nella loro rendicontazione di «replicable references» relativi alla trasformazione digitale mostra una relazione con il valore finanziario. Questa relazione è positiva per la capitalizzazione di mercato e inconcludente per gli utili futuri. La relazione positiva per la capitalizzazione di mercato è tanto più forte quanto più concreti sono questi «replicable references». La relazione positiva non è universale, ma sensibile al contesto aziendale.