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Intenzioni, non solo obiettivi!

Un metodo di valutazione del personale piuttosto diffuso è il cosiddetto management by objectives (MBO), che prende vita da una definizione chiara della strategia aziendale e una sua traduzione in obiettivi ben definiti e misurabili che guidano l’operato dei collaboratori. Si tratta di uno strumento utile al decentramento di responsabilità e di autorità con lo scopo di ottenere la massima partecipazione delle risorse umane al conseguimento dei risultati aziendali. Solitamente gli obiettivi vengono definiti una volta all’anno, con vari momenti di verifica durante il percorso.

 

È ritenuto uno strumento molto valido – e certamente lo è – ma come ogni cosa nasconde un lato oscuro su cui è bene riflettere.

 

Analizzando infatti l’essenza della gestione per obiettivi, il focus è sempre improntato sul risultato finale, che come già detto, viene definito il più possibile nel minimo dettaglio. Questo fissare lo sguardo sull’esito produce una “chiusura”: tutta l’attenzione e l’energia dell’individuo vengono concepiti in funzione di quel numero, di quell’effetto finale atteso delle proprie azioni. Molta meno enfasi è posta, invece, sul processo che porta, o dovrebbe portare, a quel risultato.

 

Fino a qualche anno fa il cosiddetto pensiero semplice, lineare, secondo il quale A porta a B, che a suo volta porta a C, era il pensiero più diffuso, alla base di qualunque processo di pianificazione e giudicato vincente in molteplici occasioni. Oggi viviamo in un mondo complesso e dinamico, dove tutto accade ad una velocità supersonica e sarebbe deleterio affrontare la realtà con questo mindset. I problemi complessi attuali che ci troviamo ad affrontare richiedono di trasformare il nostro approccio secondo una logica agisci-osserva-apprendi-adatta. Questo significa che il processo assume un’importanza primaria e il raggiungimento dell’obiettivo X non è più così “matematico”. Se nel passare da A a B cambiano, ad esempio, alcuni fattori chiave, l’obiettivo stesso potrebbe cambiare. X potrebbe non essere più raggiungibile o non rappresentare più una scelta strategica.

Ecco allora perché nei contesti organizzativi non bisognerebbe parlare solo di obiettivi ma anche di intenzioni.

L’intenzione rappresenta una disposizione d’animo, una partecipazione della volontà e dell’intelligenza a compiere un’azione o raggiungere un obiettivo. L’intenzione è certamente rivolta a uno scenario futuro ma ci costringe a fare i conti con il qui ed ora. Il nostro sguardo è riportato all’attimo presente. In questo modo qualunque imprevisto non è immediatamente letto in chiave negativa, come ostacolo al raggiungimento di X, ma piuttosto apre ad una possibilità, dove la volontà e l’intelligenza del singolo vengono rimesse in gioco continuamente.

 

Non solo. Si sa, come dice Oprah Winfrey, che l’intenzione è ciò che realmente guida l’azione e la rende efficace. Da quando ha fatto questa scoperta, la conduttrice inizia ogni talk show chiedendo al proprio ospite “qual è la tua intenzione?”. Domanda un po' particolare ma dritta al punto. Un chiaro invito ad essere consapevoli di ciò che desideriamo e perché lo desideriamo. Questa consapevolezza, dice lei, abilita la nostra capacità di azione e la indirizza in modo corretto verso gli obiettivi che abbiamo. Senza una chiara condivisione delle intenzioni, soprattutto all’interno di un team di lavoro, e l’allineamento delle stesse, il rischio è quello di perdersi come una nave in balia delle onde.

 

Per questo l’invito di questa settimana è quello di iniziare a domandarvi (e magari domandare!) quali sono le intenzioni vostre e di coloro che lavorano con voi…potrebbero celare grandi sorprese!

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