Sotto la lente

Non fermiamoci ora

Non è facile pensare oltre il presente mentre osserviamo questa crisi sanitaria diffondersi in tutto il mondo e mentre iniziamo a pagarne tutte le conseguenze economiche. Eppure, mentre prendiamo provvedimenti per far ripartire l’economica, non dobbiamo concentrarci solo sulle implicazioni attuali per le nostre imprese, ma anche su come utilizzare la situazione che ci si è presentata come un’opportunità per prepararci al futuro. Resilienza e agilità hanno chiaramente grande importanza, e due cose sembrano fondamentali per renderle possibili: la continua trasformazione digitale e la fiducia.

Recentemente ho avuto diverse opportunità di parlare al telefono con i Chief Information Officer (CIO) e con i direttori della sicurezza informatica (CISO) di alcune grandi multinazionali (Global 1000), e da queste conversazioni ho ricavato alcune impressioni generali sull’impatto economico, sul lavoro a distanza e sulla sicurezza informatica. Ho inoltre formulato delle riflessioni su ciò che dovremmo fare per affrontare al meglio il futuro.

Il business di tutti i settori dell’economia ha subito l’impatto del coronavirus. Tuttavia, il livello e la direzione di questo impatto dipendono molto dal settore. Non a caso, il fattore determinante dal lato della domanda è legato a quanto una determinata attività è essenziale per la vita quotidiana delle persone e quindi per le forniture o i servizi che possono operare anche in quarantena. Propongo qui qualche osservazione:

 

      • le vendite online per i rivenditori (e-commerce) sono in netto aumento, non solo come percentuale delle vendite, ma anche in crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso; ed è probabile che questa tendenza continui;

 

      • le aziende sono uniformemente soddisfatte per gli investimenti fatti negli ultimi anni nelle loro infrastrutture informatiche e di comunicazione. Il lavoro a distanza funziona generalmente bene, nonostante un aumento da 3 a 7 volte del numero di persone che si collegano a distanza. Le VPN e le connessioni internet pubbliche hanno retto molto bene.

 

      • curiosamente, garantire un dispositivo adeguato e sicuro e uno schermo a tutti coloro che ne avevano bisogno è stata una sfida più grande che assicurare una sufficiente larghezza di banda. Alcune aziende hanno preso i computer fissi dagli uffici e li hanno consegnati a casa dei dipendenti;

 

      • sono in corso tentativi di phishing da parte di malintenzionati che cercano di sfruttare le eventuali vulnerabilità che il rapido passaggio al lavoro da casa ha prodotto. Malware mirati sono stati incorporati nelle comunicazioni relative al Covid-19, sfruttando la fame di informazioni delle persone;

 

      • uno dei maggiori problemi che i CISO devono affrontare nel cercare di proteggere le loro imprese è la diminuzione della visibilità. Poiché molte attività si stanno svolgendo al di fuori delle quattro mura dell’impresa, e anche al di fuori della rete, il tradizionale monitoraggio della rete non è sufficiente. La sicurezza degli endpoint sta quindi acquisendo sempre più importanza, così come la necessità di monitorare i servizi cloud. Una parte della disciplina della sicurezza e della privacy sul posto di lavoro è comprensibilmente scomparsa, con il lavoro che si svolge dal tavolo della cucina, rendendo più difficile la protezione delle informazioni sensibili.

 

 

Ho pensato a diverse cose in seguito a questi dialoghi. Tra tutte, ce n’è una che risalta particolarmente: che ci piaccia o meno, siamo tutti molto interdipendenti. Anche più di quanto pensassimo. Aziende, Paesi, persone. Anche la più grande delle aziende non può fare molto da sola. Ma ancora più di questo, dove saremmo stati senza le nostre capacità digitali? Riuscite a immaginare la situazione di stallo economico che staremmo vivendo ora se non avessimo avuto gli ultimi 25 anni di sviluppo dell’informatica – in particolare gli ultimi 10? Gli investimenti fatti nel digitale ci stanno salvando, permettendo a molti di continuare a lavorare, a prendere decisioni e a tenere in movimento le ruote dell’impresa. Gli investimenti tecnologici hanno dato i loro frutti ma, aspetto altrettanto importante, questa crisi ha imposto un grande sforzo di volontà nell’adattarsi alla nuova situazione e nell’utilizzare nuovi strumenti tecnologici. Incapaci di lavorare in qualsiasi altro modo, i dipendenti si sono adattati alle circostanze, dando una spinta ai processi di trasformazione digitale di molte aziende. Lo stesso vale per gli investimenti fatti nella sicurezza informatica, forse soprattutto quelli relativi agli strumenti di gestione e alla formazione dei dipendenti e del management.

 

La vera domanda è che cosa faremo ora con questa spinta. A mio parere, dovremmo utilizzarla per mantenere lo slancio su tutti i fronti. L’alfabetizzazione digitale è cresciuta molto durante questa crisi e dovremmo dare ai nostri collaboratori la possibilità di documentare e di attuare pienamente quelle soluzioni creative e improvvisate che si sono rivelate migliori delle precedenti. Per uscire da questa crisi, dobbiamo continuare a investire nella trasformazione digitale. Non solo nelle infrastrutture, ma nel ripensare i processi e nell’utilizzare la flessibilità offerta dal digitale per costruire contesti agili e resilienti di ogni tipo. In fin dei conti, la trasformazione digitale non riguarda tanto la tecnologia quanto le persone e i modi di lavorare. Lavorare «agile» è un modo di sviluppare software, ma essere agile è l’obiettivo verso cui dovremmo tendere. Altrettanto importante è continuare a investire nella sicurezza informatica, imparando dall'esperienza degli ultimi due mesi, e nell’educazione della nostra forza lavoro su come mantenere sicure le informazioni anche in circostanze difficili.

Per molti versi, questa crisi ha strappato via il cerotto e ha esposto la ferita, ma il paziente sta reagendo meglio di quanto ci aspettassimo. Ora dobbiamo ripensare il come lavoriamo e con chi lo facciamo. Sarebbe troppo facile ricadere nei nostri vecchi schemi quando la crisi si placherà, mettendo da parte gli investimenti digitali nel tentativo di preservare la liquidità e di salvare i profitti. È fondamentale evitare di cadere in questo errore, non solo per trarre vantaggio da ciò che abbiamo imparato per il nostro futuro a medio e lungo termine, ma anche per il nostro futuro immediato in caso ci trovassimo ad affrontare una seconda ondata di Covid-19 tra sei mesi. Questo non è il momento di frenare, ma piuttosto di premere il pedale sull’acceleratore digitale.

Allo stesso modo, sarebbe facile fare marcia indietro di fronte alle complicazioni dei rapporti tra fornitori e partner globali, sia con la scusa dell’opportunismo economico sia, peggio ancora, del nazionalismo politico. Sicuramente una certa razionalizzazione delle relazioni esterne può essere necessaria, e ogni azienda dovrebbe riconsiderare le esigenze dei propri clienti che usciranno da questa crisi e posizionarsi al loro servizio. Tuttavia, un solido rapporto di fiducia è sempre prezioso, e questo è il momento di dimostrarlo e di continuare a rinsaldarlo su forti legami. Ciò è particolarmente importante in questo momento, perché quando le economie si apriranno di nuovo, una delle principali vulnerabilità delle grandi aziende interesserà le loro supply chain. Così come non stiamo tornando a un’era pre-digitale, non stiamo nemmeno tornando a un’epoca in cui eravamo resilienti da soli e non profondamente interdipendenti con gli altri. Le aziende Global 1000 che stanno sfruttando questa opportunità per aiutare le piccole e medie imprese a rimettersi in piedi non stanno solamente compiendo un gesto altruista che salverà posti di lavoro e sosterrà l’economia mondiale, ma stanno anche facendo una mossa intelligente che le aiuterà a tornare alla loro piena capacità di servire i loro clienti, rinsaldando rapporti che potrebbero far superare la prossima crisi.

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