Sotto la lente

Pax Americana (1989-2025?)

L’insediamento di Donald Trump rischia di passare alla storia come la data che segna il collasso del sistema di rapporti internazionali che si è instaurato dopo la fine della guerra fredda, e che alcuni storici hanno chiamato Pax Americana.

 

Il sistema era basato sulla difesa del libero commercio e dei confini nazionali, per garantire una prosperità basata sulla pace e sull’autodeterminazione dei popoli. Gli Stati Uniti, oltre a trarre vantaggio dalla situazione, ne erano anche i garanti, grazie a una posizione militarmente ed economicamente dominante.

 

Questo schema si è anche dimostrato molto resiliente, avendo superato la crisi finanziaria del 2007-2008, grazie a interventi straordinari di politica monetaria, e lo shock ancora più forte della pandemia, la seconda grande crisi economica globale con cui si è aperto il XXI secolo, risolta anche grazie a strumenti di politica economica fortunatamente affinati dalla crisi precedente, sul fronte monetario, e innovativi sul fronte della politica fiscale europea, con l’emissione di debito comune.

 

Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, però, ci si è resi conto che qualcosa stava traballando. Se la difesa dei confini è una delle regole fondanti i rapporti internazionali post seconda guerra mondiale, perché la Cina e molti altri paesi emergenti si sono dissociati dal coro di proteste? L’ordine instaurato 35 anni fa resta ancora in piedi?

 

La vittoria elettorale di Trump e le dichiarazioni pre-insediamento hanno levato le ultime certezze. Viene messa in discussione la NATO, gli europei si chiedono se gli Stati Uniti accorreranno in loro difesa in caso di estensione del conflitto scatenato dalla Russia e le rivendicazioni territoriali degli Stati Uniti su Groenlandia, Panama e persino Canada sembrano mettere in discussione la sacralità dei confini anche sul fronte occidentale.

 

In un contesto già di per sé disorientante, potrebbero essere le politiche economiche americane a fare male a un’Europa alla ricerca di nuovi equilibri su temi essenziali come la sicurezza, la circolazione delle merci e l’energia.

 

Trump ha promesso 100 executive orders (gli ordini esecutivi che il Presidente può imporre alle diverse agenzie federali, per esempio in tema di dazi o di immigrazione) nei primi 100 giorni, minacciando dazi altissimi anche per i prodotti europei. Se gli executive orders dovessero essere subito aggressivi, gli effetti inflazionistici, sia per gli USA che per il resto del mondo, sarebbero molto negativi.

 

Dati gli istinti negoziali del nuovo Presidente, però, è più realistico attendersi provvedimenti graduali nei riguardi degli europei, accompagnati da minacce di forti accelerazioni nel caso in cui gli interlocutori non cedessero nulla in cambio di uno stop. La contropartita potrebbe consistere nell’acquisto di maggiori quantità di LNG, il gas naturale liquefatto con cui dovremo sostituire le forniture russe, o un maggior impegno economico europeo a favore dell’Ucraina e della nostra stessa difesa, magari attraverso l’acquisto di armi americane.

 

In questo contesto l’Europa dovrà saper negoziare con una voce unica. La peggiore delle strategie possibili – ma una tentazione forte - sarebbe quella in cui ogni paese si reca a Washington con il cappello in mano, per chiedere esenzioni ciascun paese per i propri prodotti.

 

In questo contesto volatile i mercati dovranno mantenere la calma, anche quando le negoziazioni non dovessero procedere in modo ottimale.

 

L’atteggiamento di Trump sarà probabilmente più aggressivo, fin da subito, con la Cina. Fino a quando i dazi rimarranno bilaterali, però, esistono strategie di evasione che evitano rotture serie alle catene del valore globali. Questo perché negli anni sono emersi una serie di paesi ‘connettori’ (Vietnam, Messico, Indonesia, etc…) che importano dalla Cina ed esportano verso gli Stati Uniti, di fatto agendo da redistributori dei flussi di commercio globale. Mentre il commercio tra blocchi riduce progressivamente la sua crescita, quello che passa attraverso i paesi connettori non ha variazioni significative

 

Evidentemente l’Europa, nelle sue strategie commerciali nei confronti del resto del mondo, dovrà evitare di chiudere anche queste strade.

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