Sotto la lente

Covid-19 e la crisi del multilateralismo

«Viviamo in un mondo in cui le sfide globali sono sempre più integrate e le risposte sempre più frammentate: se tutto questo non viene invertito, avremo una ricetta per il disastro». Queste le parole pronunciate a Davos il 24 gennaio 2019 dal Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, durante il suo intervento in occasione del consueto meeting annuale del World Economic Forum.

 

A poco più di un anno e mezzo di distanza, e riascoltandolo con le orecchie di un mondo attraversato dalla pandemia da Covid-19, il suo discorso risulta quanto mai attuale, facendo emergere in modo chiaro e puntuale cosa sia venuto meno nelle misure adottate dai governi dei Paesi colpiti da questa emergenza. Misure che si affiancano tra loro, ma che mancano di coesione e congiunti sforzi per un’unica, coordinata e strutturata azione su scala globale. Misure in cui, a fronte di interventi politici straordinari, 1+1 non sempre fa 2. Per dirlo in altre parole, è mancata una risposta capace di proporre un approccio davvero multilaterale per far fronte all’emergenza.

 

La pandemia da Covid-19 ha fatto emergere tutte le lacune di un sistema che si sta gradualmente allontanando dalla sua concezione originaria. Questo accade nell’anno di un importante anniversario. Nel 2020 ricorrono infatti i 100 anni dalla nascita della League of Nations (LoN), organizzazione nata per creare un sistema multilaterale che garantisse pace, sicurezza e cooperazione internazionale. Dalla sua intrinseca debolezza e dalla sua breve esperienza (dai più definita fallimentare), nacque nel 1945 la più solida architettura del sistema internazionale contemporaneo, la quale riconosce nel multilateralismo e nel ruolo delle Nazioni Unite il suo fulcro fondante. A 75 anni di distanza, siamo forse oggi di fronte alla necessità di ridare vigore e di ripensare gli assetti internazionali?

 

Il bisogno di rafforzare uno spirito di cooperazione internazionale è un tema assai caldo e sentito nello scenario mondiale. Il multilateralismo sta infatti attraversando una fase storica di debolezza, e pur essendoci numerose cause, possiamo tracciarne l’origine in 3 elementi fondamentali: l’emergere di sentimenti diffusi di sfiducia verso un percorso di globalizzazione che sembra inarrestabile; l’assenza di una narrativa forte e radicata in supporto al multilateralismo; un’inadeguatezza di misure, regole e norme pragmatiche che ne assicurino una corretta interpretazione, per contrastare disegni geopolitici e geostrategici di potere mascherati da un’iniziale volontà di interdipendenza e collaborazione.

 

L’attuale crisi sanitaria avrà inevitabili conseguenze anche sul piano politico, economico e sociale e andrà a inasprire ulteriormente questa situazione di debolezza del sistema di cooperazione internazionale. Le risposte che a oggi sono state messe in campo dai diversi governi sono per lo più frammentarie e limitate all’interno dei propri confini statali, un atteggiamento che rivela in maniera ancor più evidente i limiti di un singolo Stato nazionale nella gestione di fenomeni di carattere globale.

 

La pandemia da Covid-19 sembra generare alcuni imperativi per gli Stati membri delle Nazioni Unite: di focalizzarsi sulla salute individuale dei propri cittadini, sulla crisi dei sistemi sanitari nazionali e sugli ingenti danni alle proprie economie. Tuttavia, tale limitata visione rischia di mettere a repentaglio gli sforzi fatti negli ultimi anni nel raggiungimento di traguardi comuni quali gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) definiti all’interno dell’Agenda 2030. In particolare, dall’inizio di marzo l’ONU e la Banca Mondiale stimano rispettivamente che oltre 1.6 miliardi di bambini siano stati esclusi dall’accesso all’istruzione e fino a 100 milioni di persone saranno condotte in condizioni di estrema povertà in tutto il mondo. Questo numeri rafforzano ciò che a più riprese è stato sottolineato dal Primo Ministro etiope e premio Nobel per la pace Abiy Ahmed Ali il quale afferma che un nemico che va ben al di là dei confini nazionali non può essere combattuto con misure confinate a livello di singolo Stato.

 

Ci troviamo oggi di fronte a un’occasione irripetibile per riportare l’attenzione alla rinascita di meccanismi che propendano verso una risposta multilaterale alle situazioni di crisi. Svariate sono le soluzioni proposte e messe sul tavolo, dal «multilateralismo inclusivo» proposto dal Segretario Generale dell’ONU al rinnovato ruolo del G20 quale piattaforma di ampia appartenenza e rappresentazione dell’interesse generale. Soluzioni, queste, che rendono esplicito come i governi non possano affrontare tali sfide da soli, e che presuppongono inoltre un rinnovato ruolo di nuovi attori quali la società civile, la filantropia globale, il mondo dell’imprese e quello accademico-scientifico.

 

Considerando gli importanti recenti sforzi di riforma, orientati al risultato e alla semplificazione, oltre all’impegno profuso nel contrastare la pandemia, un ruolo fondamentale nel ridisegnare il sistema multilaterale del futuro sarà certamente in capo all’ONU in qualità di aggregatore di competenze e catalizzatore di cambiamento. Ruolo chiave già confermato dal cosiddetto «UN Framework», un piano della durata di 1 anno che reindirizza 18 miliardi di dollari a supporto dei Paesi che si trovano ad affrontare la crisi da Covid-19.

 

Un altro ruolo fondamentale sarà ricoperto dalle International Financial Institutions (IFIs), non solo quali entità al centro della rete di sicurezza finanziaria globale che immettono liquidità nel sistema (come nel caso dell’International Monetary Fund - IMF), ma anche come realtà di cooperazione tecnica, supporto ai Paesi più fragili e sostegno a investitori e finanziatori del settore privato (come nel caso della Multilateral Investment Guarantee Agency - MIGA).

 

Una posizione centrale sarà infine quella dell’Unione Europa, i cui Stati membri hanno espresso la volontà di orientarsi verso soluzioni multilaterali in cui ci si esprima con una sola voce, coordinata e coesa. Come sottolineato da Stefano Manservisi, già Direttore Generale del Dipartimento di cooperazione internazionale e sviluppo della Commissione Europea (DEVCO), il sistema di cooperazione internazionale, pur messo a dura prova dal Covid-19, deve continuare nei suoi sforzi di rafforzare il lavoro di coordinamento tra Paesi con nuove regole, rinnovate pratiche di governance e un aumento della spesa pubblica a supporto dello sviluppo al fine di promuovere il principio del «non lasciare nessuno indietro».

 

A fronte dei recenti accadimenti, che ne hanno messo in discussione ruolo ed efficacia, le istituzioni internazionali avranno quindi un ruolo fondamentale quale piattaforma di collaborazione capace di fornire, oltre all’assistenza finanziaria, il know-how tecnico necessario a progettare e attuare le indispensabili politiche pubbliche.

 

In conclusione, sussistono oggi tutti i presupposti a supporto dello sviluppo di una corretta narrativa attorno a un nuovo concetto di multilateralismo che faccia leva sulle sue concrete potenzialità per contrastare la crisi in corso e per creare un nuovo tipo di solidarietà globale. Una solidarietà che ci porti ad alzarsi un po’ per osservare un orizzonte più vasto.

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