
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 23 set 2025
- 40 ore
- Online
- Italiano
Il corso intende fornire tutte le competenze necessarie a padroneggiare e applicare i principali strumenti e framework esistenti in materia di sustainability reporting.
“La libellula” è il blog su natura e imprese, curato da Sylvie Goulard
Sebbene il 70% del pianeta Terra sia coperto da mari e l’oceano ospiti il 95% della biosfera terrestre, sappiamo meno della vita negli oceani che di quella sulla Luna. E ci preoccupiamo meno dell’impatto delle nostre attività in mare rispetto a quelle sulla terraferma. Di norma, non misuriamo la nostra dipendenza dagli oceani, né comprendiamo appieno quanto il cambiamento climatico inciderà su coste, isole e barriere coralline. Rendere più sostenibili i nostri modelli economici riducendo le emissioni di CO₂ e proteggendo foreste, piante e suolo è indispensabile, ma non basta. Non possiamo più ignorare i rischi e le opportunità che l’economia blu rappresenta per le nostre economie e società.
Aprire una finestra con vista sul mare è stato esattamente l’obiettivo della terza United Nations Ocean Conference (UNOC), co-organizzata da Francia e Costa Rica nel giugno 2025, che ha riunito a Nizza 12.000 persone.
Gli sforzi diplomatici si sono concentrati in particolare sulla ratifica dell’accordo Biodiversity Beyond National Jurisdiction, che mira a tutelare gli alti mari (per incoraggiare gli Stati a concludere il processo di ratifica). Molte discussioni si sono sviluppate attorno alla pesca (con l’obiettivo di contrastare le catture illegali), alle aree marine protette, alla decarbonizzazione dei trasporti marittimi e alla riduzione della plastica (con una “Nice” sveglia su questo tema). Oltre 2.000 scienziati si sono incontrati all’One Ocean Science Congress, producendo raccomandazioni trasversali sul legame tra scienza e policy.
È impossibile riassumere tutti gli scambi avvenuti nei panel ufficiali e dietro le quinte. Mi limiterò a tre osservazioni.
In primo luogo, la finanza è ormai parte integrante del dibattito. Il Blue Economic and Finance Forum (BEFF), tenutosi a Monaco subito prima dell’UNOC, ha mostrato che banche di sviluppo e governi, istituzioni finanziarie private e aziende, così come scienziati, ONG e rappresentanti delle popolazioni indigene e delle comunità locali, sono già mobilitati per sviluppare nuovi strumenti finanziari per attività marine sostenibili. Rischi e opportunità legati all’economia blu sono ormai al centro dell’attenzione anche di banchieri centrali capaci di guardare al futuro, come Christine Lagarde, Presidente della BCE, che ha aperto la plenaria con un discorso coraggioso, “Steering the tide, safeguarding our ocean and economy”. Ha ricordato in particolare che gli oceani sono il nostro miglior alleato nella lotta al cambiamento climatico e un pilastro fondamentale dell’economia globale, offrendo opportunità di business e fornendo cibo a milioni di persone. Proteggerli richiede centinaia di miliardi di dollari di investimenti: dalla riduzione delle emissioni di gas serra per contenere l’innalzamento del livello del mare, al ripristino di mangrovie e barriere coralline, che fungono da difese naturali contro eventi climatici estremi. Allo stesso tempo, dobbiamo adattarci ai nuovi rischi e alle nuove forme di inquinamento legati al cambiamento climatico, soprattutto nei Paesi più vulnerabili. Più si rimanda, più alto sarà il costo.
In secondo luogo, si stanno sviluppando strumenti per mettere l’oceano al centro della finanza sostenibile e integrarlo nella gestione aziendale. Nella prima parte del BEFF, la One Ocean Foundation (con sede a Milano), SDA Bocconi, McKinsey & Company e il CSIC (Centro nazionale di ricerca spagnolo) hanno lanciato l’iniziativa Ocean Impact, “il primo framework globale basato sulla scienza, progettato per affrontare gli impatti diretti e indiretti di vari settori economici sugli ecosistemi marini”. L’iniziativa propone un approccio completo, pensato specificamente per il mondo aziendale e finanziario, con l’obiettivo di promuovere la rendicontazione e integrare indicatori legati agli oceani nelle metriche di sostenibilità aziendale. Supporta decisioni di investimento informate e responsabili. Poiché molte pressioni sugli oceani hanno origine sulla terraferma, questo nuovo modo di concepire la rendicontazione non finanziaria potrebbe essere un punto di svolta per la tutela degli oceani.
Anche altri strumenti per convertire il capitale naturale in capitale finanziario sono in fase di sviluppo. Essi si rivelano molto promettenti per stimolare investimenti in attività marine sostenibili: alcuni progetti pilota di crediti di biodiversità, promossi dall’International Advisory Panel on Biodiversity Credits (IAPB), mirano a proteggere le praterie marine in Kenya o in Australia, o le barriere coralline nelle Filippine (Clicca qui se vuoi scoprire di più su questi progetti pilota). Questo è anche l’obiettivo del Blue Institute, citato da Christine Lagarde nel suo discorso.
In terzo luogo, a un livello più politico, a Monaco e a Nizza molti scienziati, rappresentanti delle popolazioni indigene e delle comunità locali, imprese e professionisti della finanza, insieme a governi di tutto il mondo, hanno ribadito il loro sostegno alla cooperazione transfrontaliera e multilaterale. Hanno a cuore il cambiamento climatico e la natura e restano fortemente impegnati. Anche se l’attuale scenario geopolitico è segnato da guerre e tensioni, anche se alcuni governi potenti fingono che si possa continuare a sfruttare senza limiti le risorse naturali sulla terra e in mare, una larga maggioranza dell’umanità vuole collaborare e propone soluzioni. Non siamo ancora arrivati alla meta di una transizione da un’economia estrattiva a modelli rigenerativi e sostenibili, ma le vibrazioni positive percepite da tutti a Nizza ci aiuteranno lungo il cammino.