Consumi & costumi

Perché si torna a parlare di inflazione

Il trend

Già da diversi mesi, nelle economie occidentali serpeggiano preoccupazioni per l’accelerazione dei tassi inflazionistici. L’aumento dei prezzi sulle forniture energetiche e dei beni di consumo ha raggiunto livelli che, sia negli Stati Uniti sia in Europa, non si registravano da diversi decenni. Ad aggravare la situazione, l’invasione russa dell’Ucraina, che ha creato una crisi inaspettata negli investitori, molti dei quali speravano in un ritorno alla normalità economica dopo due anni di pandemia.

Secondo l’economista Jack Leslie, nel Regno Unito l’inflazione «potrebbe determinare la più profonda compressione del tenore di vita degli ultimi sei decenni». Secondo i dati pubblicati dall’Ufficio nazionale di statistica del Regno Unito, i prezzi al consumo sono aumentati a un tasso annuo del 5,5%, raggiungendo il massimo dal 1992. Una situazione simile si registra anche in Europa, dove secondo l’Ocse l’inflazione ha raggiunto il 7,2% nel gennaio 2022, il tasso più elevato dal 1991.

I timori inflazionistici, unitamente alle preoccupazioni legate alla crisi militare Russia-Ucraina, hanno allarmato i mercati finanziari, storicamente sensibili al tema, e le banche centrali, pronte a correre ai ripari alzando i tassi di interesse. Tuttavia, le conseguenze maggiori rischiano di cadere sulle spalle dei consumatori e delle imprese, in grande affanno a causa dell’innalzamento dei prezzi delle bollette e dei beni primari.

A questo proposito,una recente indagine Ipsos svolta in 30 Paesi ha voluto indagare la percezione nei consumatori dell’aumento dei prezzi nell’ultimo semestre del 2021. Dal report, un dato appare subito chiaro: a livello globale, la maggioranza degli intervistati dichiarano di aver pagato di più per trasporti (il 70%), cibi e bevande (il 70%), utenze e bollette (il 66%), rispetto ai sei mesi precedenti.

Alcuni punti salienti

I Paesi dell’America Latina, guidati da Argentina e Colombia (rispettivamente con il 79 e il 75% degli intervistati), sono quelli dove si è registrata una percezione molto alta delle spinte inflazionistiche. Dati molti alti si registrano anche in Turchia (75%), Russia (74%), Polonia (73%), Sudafrica (73%), Ungheria (66%). I consumatori che hanno avuto una maggiore percezione dell’innalzamento dei prezzi sono stati, in media, le donne (60%), coloro che hanno un reddito alto e che appartengono alla fascia d’età dei più anziani (50-74 anni). Pare invece non aver incidenza il livello d’istruzione.

La Polonia è il Paese dove i consumatori dichiarano di aver maggiormente percepito un aumento dei prezzi nel settore dei trasporti (83%); seguono Cile, Ungheria, Sudafrica e Russia (81%). L’aumento delle spese mediche e per la salute è stato percepito, a livello globale, dal 51% degli intervistati, meno rispetto ad altre categorie: cibi e bevande (70%), trasporti (70%), utenze (66%), abbigliamento (55%).

A livello internazionale, il 42% degli intervistati dichiara che le spese totali delle loro famiglie, escluse quelle per le vacanze, cambieranno nel breve termine. Tale incremento è percepito maggiormente dai consumatori più giovani e con un reddito più alto, ma con significative differenze tra i diversi Paesi: in testa alla classifica compaiono Romania (62%), Argentina (61%) e Sudafrica (56%); mentre gli intervistati di Olanda (28%), Italia (27%) e Giappone (16%) sembrano invece i più propensi a mantenere invariati i loro livelli di consumo.

Per quanto riguarda l’Italia, in media il 54% degli italiani ha percepito un aumento dei prezzi, un rincaro che si focalizza sui trasporti (73% degli intervistati), sugli alimentari (62%), sulle utenze (73%) e sull’abbigliamento (49%). Per quanto riguarda le spese familiari, nei prossimi mesi solo il 27% degli italiani pensa che queste aumenteranno, mentre per il 58% resteranno stabili e per il 14% si ridurranno, un dato, come visto, in controtendenza rispetto alla media globale.

Dalla survey dell’Ipsos emerge il caso del Giappone, l’unico Paese in cui si è registrata una bassissima percezione dell’inflazione: 21% vs il 59% della media globale.

Perché si torna a parlare di inflazione

SHARE SU