

Offrire incentivi economici ai cittadini affinché adottino comportamenti salutari può sembrare discutibile, ma in realtà è una pratica già diffusa in alcuni Paesi ad alto e medio-alto reddito, con risultati significativi. Una review condotta da un gruppo di ricercatori di SDA Bocconi, Università di Pavia, di Milano-Bicocca e regione Lombardia, ha analizzato 27 programmi concreti, promossi da istituzioni pubbliche o compagnie assicurative, che hanno utilizzato strumenti come voucher, carte prepagate o riduzioni dei premi assicurativi per stimolare attività fisica, vaccinazioni, screening o percorsi di cessazione del fumo e disintossicazione dall’uso di sostanze.
I risultati mostrano che gli incentivi aumentano in modo significativo l’adesione a comportamenti preventivi, soprattutto se legati a obiettivi concreti e monitorabili (ad esempio, numero di passi giornalieri registrati da un wearable o completamento di un ciclo vaccinale).
Tuttavia, la ricerca mette in guardia su due aspetti contraddittori: il primo riguarda la sostenibilità economica, perché non sempre i programmi hanno valutazioni solide di costo-efficacia; il secondo è legato all’eventuale persistenza nel tempo dei benefici osservati quando l’incentivo viene meno, un aspetto raramente studiato per i programmi individuati.
Il contesto
L’invecchiamento della popolazione e la crescita delle malattie croniche stanno esercitando una forte pressione sui sistemi sanitari. In Europa, entro il 2030 la metà della popolazione avrà più di 50 anni. Già oggi malattie cardiovascolari, tumori, diabete e patologie respiratorie rappresentano fino al 90% dei decessi nell’Unione Europea e assorbono la maggior parte della spesa sanitaria.
In Italia, le cronicità pesano per circa il 70% della spesa del SSN con punte che raggiungono l’80% in regioni come la Lombardia. È ormai ampiamente riconosciuto che la prevenzione rappresenta la strategia più costo-efficace: migliora gli esiti clinici, aumenta la qualità della vita, riduce costi diretti e indiretti, e contribuisce a una maggiore produttività.
Eppure, gli sforzi compiuti finora dai sistemi sanitari non hanno dato i risultati sperati. L’incidenza di malattie croniche e di fattori di rischio come l’obesità continua a crescere. Non si tratta solo di un problema di scarsi investimenti (nei Paesi OCSE la prevenzione assorbe appena il 2–4% della spesa sanitaria), ma entrano in gioco anche barriere cognitive e motivazionali: spesso gli individui faticano ad adottare scelte salutari i cui benefici si manifestano solo nel medio-lungo periodo.
Da qui la domanda di ricerca: gli incentivi finanziari possono aiutare a superare queste barriere?
La ricerca
Il team ha analizzato 27 programmi adottati dal 1998 a oggi in Paesi come Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Germania, Giappone e Singapore.
Questi programmi si distinguono in:
- Multidimensionali (44%): puntano a più comportamenti insieme (camminare, vaccinarsi, fare check-up periodici).
- Verticali, focalizzati su un singolo obiettivo di prevenzione:
- Vaccinazioni (19%): dai bambini all’emergenza COVID-19.
- Attività fisica (19%): con target di passi giornalieri o attività settimanali.
- Cessazione del fumo e disintossicazione da sostanze (15%)
- Malattie sessualmente trasmesse (4%).
Gli incentivi variano da piccoli premi giornalieri di pochi centesimi a benefit assicurativi consistenti, fino a oltre 2.500 dollari l’anno in alcuni programmi sperimentali adottati negli Stati Uniti. La maggior parte dei programmi prevede ricompense certe (87%), ma non mancano iniziative con lotterie a premi.
Esempi significativi includono:
- left"National Steps Challenge (Singapore): distribuisce wearable e voucher (fino a 43$ l’anno) per chi raggiunge target giornalieri di passi, con aumenti significativi dell’attività fisica.
- left>Vitality Program (Sudafrica, Canada, USA): iniziativa assicurativa che offre sconti e benefit per check-up, attività fisica e screening, dimostrando riduzioni nei costi ospedalieri.
- left>Vax-a-Million Lottery (Ohio, USA): lotteria con premi fino a un milione di dollari per incentivare le vaccinazioni COVID-19, con effetti positivi, seppur variabili.
Sul fronte delle valutazioni di impatto, il 63% dei programmi ha prodotto evidenze: gli incentivi hanno effettivamente incrementato passi giornalieri, tassi vaccinali, adesione a screening e persino tassi di astinenza da droghe. Tuttavia, i dati su costi evitati e risparmi strutturali restano limitati e disomogenei. Inoltre, pochi studi misurano la persistenza dei comportamenti una volta rimossi gli incentivi.
Conclusioni e implicazioni
La review conferma che gli incentivi finanziari sono strumenti efficaci per attivare rapidamente comportamenti salutari. Tuttavia, non bastano da soli: rischiano di produrre effetti temporanei e di non modificare la motivazione intrinseca delle persone.
Per i policy maker, emergono tre indicazioni rilevanti:
- Integrare strumenti diversi. Gli incentivi economici possono servire un utile “interruttore iniziale”, ma devono essere affiancati da campagne educative e strumenti di engagement per favorire consapevolezza e responsabilità.
- Valutare costi ed equità. Servono più evidenze sul rapporto costo-beneficio e sull’impatto redistributivo perché non è ancora chiaro se e quando questi programmi generino risparmi sistemici.
- Personalizzare gli incentivi. L’approccio uniforme (“one-size-fits-all”) non è sempre efficace. Modelli più flessibili, tarati su bisogni e preferenze, potrebbero migliorare i risultati.
Gli incentivi finanziari non sono una scorciatoia miracolosa, ma uno strumento utile se inserito in una strategia più ampia di promozione della salute. La sfida è comprendere come implementarli in modo sostenibile, affinché non restino un costo a breve termine, ma si trasformino in un investimento capace di generare benefici economici e sociali duratori, di lungo periodo.
Francesco Petracca, Vittoria Ardito, Francesca Sala, Guido Bertolaso, Lorenzo Menichelli, Riccardo Vecchio, Rosanna Tarricone, “Harnessing financial incentives for health promotion: A scoping review of prevention programs implemented in upper-middle and high-income countries,” Social Science & Medicine, Volume 383, 2025, 118499, DOI: https://doi.org/10.1016/j.socscimed.2025.118499.

