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La viaggiatrice, lo specchio e l’atto creativo: come interpretiamo la GenAI

24 novembre 2025/DiMaria Carmela Ostillio Alessandro Iannella
La viaggiatrice nello spacchio

L’Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) supera lo status di "strumento" tecnico per diventare una risorsa che assume significato solo quando viene incorporata in un processo umano di azione intenzionale. Un recente lavoro di Alessandro Iannella (SUFFP, Scuola Universitaria Federale per la Formazione Professionale, Lugano) e Maria Carmela Ostillio, incluso nel volume Artificial Intelligence in the cultural and creative sectors. Opportunities, challenges and transformations, propone tre metafore (la viaggiatrice, lo specchio e l’atto creativo) per mappare le modalità attraverso cui, in particolare nelle business school, si percepisce e si usa la GenAI.


Le tre metafore forniscono ai manager un linguaggio e una struttura concettuale per capire se, quando e come la GenAI può generare valore, quali ostacoli culturali o di competenza emergono, e come allinearla alle strategie aziendali. In altre parole: non basta implementare questa tecnologia, occorre "mobilitarla" con consapevolezza, interagire con essa mettendo in gioco abilità cognitive e metacognitive, riconoscere i rischi di un affidamento passivo.

Il contesto

I sistemi che generano automaticamente testo, musica e video, così come gli agenti che operano in ambienti virtuali sulla base delle nostre istruzioni, stanno trovando applicazione in un numero crescente di contesti, inclusi quelli creativi e culturali. Pur disponendo di un corpo di studi già significativo, persiste un forte interesse scientifico nel comprendere come tali tecnologie vengano percepite dai professionisti e quali fattori cognitivi, organizzativi e formativi influenzino la loro adozione.

In questa prospettiva, le domande che si pone lo studio di Alessandro Iannella e Maria Carmela Ostillio sono:

  • In che modo i professionisti e i formatori percepiscono la GenAI?
  • Quali metafore e rappresentazioni mentali usano?
  • Quali sono le implicazioni per la formazione e per il cambiamento organizzativo?

La ricerca

Gli autori hanno condotto un’indagine qualitativa-quantitativa coinvolgendo docenti di diverse business school italiane impegnate nella formazione in management. In particolare, hanno somministrato questionari e realizzato interviste con i docenti, al fine di raccogliere le loro percezioni sull’uso della GenAI, le esperienze pratiche, le difficoltà e le prospettive professionali.

L’analisi ha identificato tre temi critici: l’inaffidabilità dei contenuti generati dall’IA come motivo di cautela; la necessità di sviluppo delle competenze per usare consapevolmente la GenAI, prima di tutto metacognitive; e il potenziale di crescita professionale che questa tecnologia può attivare, se ben integrata.  Nella discussione, questi temi sono stati sintetizzati in tre metafore, ispirate agli studi di tre figure della tradizione socio-psico-pedagogica (Vygotskij, Turkle e Winnicott) che aiutano a interpretare il ruolo della GenAI nei processi formativi e gestionali.

La viaggiatrice. La GenAI è addestrata su enormi insiemi di dati dei quali, purtroppo, non è sempre possibile conoscere con precisione origine e qualità, poiché spesso appartengono a sistemi commerciali non trasparenti. I contenuti generati non derivano da conoscenze verificate, bensì da rielaborazioni probabilistiche di informazioni eterogenee: ciò che l’IA produce è quindi verosimile, plausibile, non necessariamente vero. Come una viaggiatrice che racconta ciò che ha visto in terre a noi ignote, la GenAI offre delle narrazioni, in certi casi interessanti, creative e corrette, e in altri parziali, errate o distorte. In questa narrazione incerta, alla quale prestare attenzione senza avere troppa fiducia, l’utente può trovare spunti inediti, prospettive nuove e aperture esplorative.

Lo specchio. La GenAI funziona anche come uno specchio evocativo, agentico: riflette ciò che l’utente vi proietta e al contempo lo supporta nel costruire la sua identità. Per beneficiare di questa tecnologia è infatti necessario chiarire gli obiettivi d’uso, formulare prompt coerenti con specifiche intenzionalità, valutare criticamente gli output; si tratta di processi che richiedono competenza, consapevolezza, riflessione e che si muovono su più livelli di relazione con il sapere. In quest’ottica, la GenAI stimola autoanalisi e apprendimento riflessivo: non fornisce semplicemente risposte, ma rende a noi stessi visibili le potenzialità e i limiti del modo in cui pensiamo, chiediamo, analizziamo, valutiamo, applichiamo.

L’atto creativo. Infine, la GenAI può essere interpretata come un partner nel processo di costruzione di conoscenza. L’interazione tra umano e macchina genera infatti uno spazio liminale, di confine, aperto ma strutturato, nel quale le informazioni della macchina e la competenza individuale si intrecciano fino a produrre qualcosa che nessuno dei due avrebbe potuto costruire da solo. Il valore dello scambio non risiede tanto nell’output finale, quanto nel processo di co-creazione, di sperimentazione, di dialogo, in quella capacità umana di orientare, filtrare e dare significato alla produzione algoritmica. In questo senso, la GenAI non sostituisce la creatività umana, ma la estende. Sostiene la generatività individuale fornendo pratiche, interpretazioni e stimoli, aprendo così a tanti mondi possibili.

Conclusioni e implicazioni

Iannella e Ostillio concludono che la GenAI è una risorsa ambivalente, che acquista significato solo quando è inserita in un processo umano intenzionale. Da un lato comporta rischi legati all’inaffidabilità, alla scarsa trasparenza e alla possibile passività cognitiva degli utenti; dall’altro, se collocata entro un quadro socio-psico-pedagogico consapevole, può diventare uno strumento capace di favorire esplorazione, riflessione e creatività.

Gli autori indicano che la GenAI non è né un’autorità epistemica né un sostituto delle competenze umane: è piuttosto una potenzialità latente, che acquista valore solo quando l’utente la attiva con intenzionalità, giudizio critico e progettualità. Le tre metafore — la viaggiatrice, lo specchio e l’atto creativo — non costituiscono semplici immagini descrittive, ma veri e propri dispositivi interpretativi che aiutano a comprendere come interagire con la tecnologia e quale posizione assumere nel processo di costruzione del sapere. Le implicazioni riguardano infatti la necessità di valutare criticamente l’affidabilità dei contenuti, di sviluppare competenze metacognitive per gestire l’interazione con l’IA e di valorizzare la co-creazione come spazio di crescita professionale.

Alessandro Iannella, Maria Carmela Ostillio, "The Voyager, the Mirror and the Creative Act. Three Metaphors for Understanding Generative Artificial Intelligence." In Marta MassiMarek Prok?pekAlessandra RicciMaria Carmela Ostillio (Eds.), Artificial Intelligence in the Cultural and Creative Sectors. Opportunities, Challenges and Transformations, Routledge.