Branded World

Camaleonte a chi?

Il camaleontico Brand Management System

Il titolo non è connesso alla “naturale” esterofilia che accompagna ormai da anni l’evoluzione del brand e del branding anche all’interno del nostro mercato, quanto rifacendoci all’osservazione dell’ampio “sistema” necessario –oggi, più che in passato - alla gestione del brand sia all’interno sia all’esterno delle imprese.

 

Ancor prima del delinearsi dell’attuale crisi, che ha colpito tutto il mondo, il ruolo del Brand Manager, già particolarmente complicato in ambito organizzativo, è stato messo duramente alla prova, con sfide e pressioni divenute sempre più difficili. Ci si riferisce ad una trasformazione in cui l’innovazione totale o la costante reinvenzione di prodotti, canali, architetture e strategie di marca, convivono all’interno delle prepotenti evoluzioni di natura tecnologica e delle continue modifiche e sviluppi nelle esigenze di consumo, nonché nelle dinamiche dell’antagonismo e della competitività tra imprese e tra industry.

All’interno del Brand Management System

Denominazione del ruolo del brand manager

Sovente, nel formalismo organizzativo, le nuove denominazioni dei ruoli palesano strutture, divisione del lavoro - attraverso organi e unità organizzative - compiti, funzioni e responsabilità diverse, e divenute più ampie e più complesse. Di recente, alla storica e tradizionale “lable” di product manager - con responsabilità di prodotto o di servizio specifico, ma anche di marca, quando questi ultimi assumevano la connotazione di brand a discapito del prodotto/servizio divenuto un “sistema di offerta” sempre più complesso – e di brand manager, si sono sostituite: brand (and) digital manager, omnichannel brand manager, brand experience manager, brand (and) UX manager, brand content manager (o branded content manager), brand builder, brand growth manager e così via.

 

Naturalmente ciò non costituisce un semplice gioco di parole e tantomeno vuole descrivere in modo puntuale modifiche avvenute o in-itinere all’interno di industry o aziende specifiche, in quanto non è frutto di ricerche scientifiche sull’argomento, cui si rimanda alla letteratura in merito e a quanto in corso di pubblicazione (un testo dedicato al Brand Management di: Bruno Busacca, Giuseppe Bertoli, Maria Carmela Ostillio). Si intende, invece, solo evidenziare l’arricchimento del ruolo con alcune aree decisionali all’interno delle imprese, nonché di crescente specializzazione - o de-specializzazione rispetto al passato – attraverso la costituzione in ambito organizzativo di gruppi, team o funzioni che convergano verso responsabilità composite aventi un oggetto e un obiettivo comuni: il brand e la sua equity.

 

Responsabilità per il brand

Se i brand, oggi, riconoscendone centralità quali risorse strategiche preziose per l'organizzazione, assumono la rilevanza di asset organizzativi-chiave, è naturale che la relativa gestione strategica ricada in un brand management system (BMS) mutato nella sua natura perché meno tattico o operativo, e non esclusivamente ma anche commerciale, di vendita, di trade marketing e di marketing. Al BMS si delega la capacità di impresa di definire, ridefinire e modificare le condizioni ambientali, competitive e di mercato, al fine di generare valore nel lungo periodo.

 

Ciò richiede, un lavoro congiunto, diffuso e tra i diversi livelli manageriali dell’organizzazione, in cui non è raro che all’interno del BMS si ritrovino livelli organizzativi “alti” (Fondatori, Startupper, CEO, Country Manager, General Manager, ecc.) o di staff  a questi ultimi (Comunicazione o HR) ed anche delle funzioni marketing, di category o divisione (ASA, SBU, Paesi/Mercati, etc.) cui spetta la responsabilità e il ruolo (spesso denominato come) di brand champion, brand ambassador, brand guardian, brand custodian  o, anche, whatchdog.

 

Ciò significa rendere funzionante e funzionale il brand management system, connotandolo appunto come un sistema o team, composto da diversi livelli organizzativi (senior, middle e junior), specializzazioni (customer insight, data scientist, digital, trade, logistica, ecc.), dentro e fuori dell’impresa, accomunati da procedure e meccanismi organizzativi plurimi (comitati, collegi, ecc.), che ne accrescano e valorizzino il ruolo-chiave di profondi conoscitori e di cerniera con il mondo esterno. I BMS così intesi e direttamente coinvolti nel brand management, avranno il compito di svolgere (e assumere la responsabilità di)  un ruolo strategico per la  marca in quanto depositari e custodi della brand equity che, per sua natura, richiede tempo per la costruzione e, alcune volte, relativamente poco - a causa di decisioni manageriali inappropriate - per la sua diluizione o distruzione.

 

Chissà, forse indirizzando il brand management verso sistemi compositi che facciano crescere professionalmente il ruolo del brand manager, arricchendolo e rendendolo più strategico, se ne potranno arginare turnover e insoddisfazione.

La risposta non è tanto nelle aggiunte di alcuni termini (e attività o funzioni) nelle lable del brand manager, ma nel rendere i brand manager dei veri “brand custodian”.

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