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Cominciare...anche detto Transitioning

Sono giorni in cui basta guardarsi intorno la mattina e subito si nota che tutto sta cominciando. Scuola, lavoro…la frase più pronunciata in questi giorni è “buon inizio!”

 

Diceva Cesare Pavese: 

 

Vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante.

 

È sempre facile cominciare?

Mi scrive un’alunna che ha terminato ora i precorsi qui in Università:

 

Lunedì iniziano le lezioni vere e proprie…sono un po' spaventata…spero di riuscire a entrare presto nel meccanismo.

 

Gli inizi sono sempre accompagnati da svariate emozioni e aspettative. Rappresentano sempre una grande sfida, principalmente con noi stessi. Iniziare significa solitamente passare dal fare qualcosa di comodo (inviare semplici e-mail, dedicarsi alla propria routine, partecipare a conversazioni amichevoli) a fare qualcosa di scomodo (iniziare un progetto particolare, sostenere una conversazione difficile, affrontare una pagina vuota).

 

Spesso pensiamo che la chiave per essere efficaci nell’affrontare questo inizio è l’essere abili e competenti nel lavoro o attività che ci aspetta, ma questo non è del tutto corretto. La vera cosa di cui abbiamo bisogno è essere capaci di passare attraverso il momento prima del reale inizio. Una volta superata questa fase, sarà poi l’addentrarci nell’attività specifica, in modo coerente e nel tempo, a renderci abili nel performare. Il che significa che l'abilità che abbiamo bisogno di sviluppare in primis - ed è realmente un'abilità – è quella del transitioning.

 

La parte più difficile non consiste nel vivere la nuova realtà, ma nel passaggio alla nuova realtà.

Pensate a qualcosa per cui avete difficoltà ad iniziare, qualcosa di importante per voi. Un nuovo lavoro, l’inserimento di una persona nuova nel team, un nuovo capo. Può anche essere qualcosa legato alla sfera privata, come una telefonata a una persona che non sentite da tanto tempo, l’arrivo di un figlio, la discussione con un amico. Tutte situazioni in cui un turbinio di emozioni si mescola con un elevato grado di incertezza, creando un mix esplosivo per il soggetto in questione.

 

Come fare allora per diventare bravi nel transitioning?

 

Serve, innanzitutto, come scrive Peter Bregman, individuare chiaramente il momento in cui avverrà il passaggio tra il comfort e il discomfort e pianificare quando e come questo avverrà.

 

Stiamo pensando a quella telefonata difficile da fare? Il momento critico sarà quello in cui prenderemo in mano il telefono e comporremo il numero della persona da chiamare.

 

Si tratta invece dell’arrivo del nuovo capo? Sarà allora l’entrare nel suo ufficio e sedersi di fronte a lui.

 

Una volta identificato il momento dedicato al transitioning, è bene, ove possibile, pianificare il dove e il quando questo avverrà. Questo ci consentirà di prepararci adeguatamente ad affrontare nel migliore dei modi l’incertezza tipica di queste situazioni.

La buona notizia è che la fatica che facciamo nel “non tirarci indietro” porta lontano. Questo decidere – perché di decisione si tratta, è tutt’altro che un atteggiamento passivo – è fonte inesauribile di apprendimento, di crescita e di innovazione.

 

Imparare l’arte del transitioning, ascoltando i pensieri e le storie che la nostra mente ci racconta e sapendogli attribuire il giusto peso in modo da non procrastinare il passo che dobbiamo fare, è la chiave per scoprire nuovi orizzonti, sempre, a qualunque età e qualunque ruolo si ricopra.

 

È come l’attimo prima di fare un tuffo in acqua fredda, non vorresti mai entrare. Poi decidi che allo scoccare del minuto X ti tuffi. E, come succede sempre, dopo un paio di bracciate l’acqua fredda è già un lontano ricordo. Ciò che invece permane nella memoria è il processo vincente che ci ha portato a tuffarci.

 

La vita è colma di inizi, come scrisse Pavese. Il principio per affrontarla rimane sempre lo stesso: migliorare costantemente nel passaggio dal comfort al discomfort.

 

E allora...pronti, partenza...via!

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